Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

Venerdì, 11 Aprile 2014 15:44

I BENEFICI DEL COLESTEROLO ALTO.

11-04-2014

Le persone col colesterolo alto sono quelle che vivono più a lungo. Avendo subito un lavaggio del cervello, quest'affermazione può sembrarci talmente incredibile da richiedere parecchio tempo per essere assimilata e capirne a pieno l'importanza. Eppure il fatto che gli individui con colesterolo alto vivano di più emerge chiaramente da molti studi scientifici. Si consideri il risultato del 1994 del Dr. Harlan Krumholz del Dipartimento di Medicina Cardiovascolare dell'Università di Yale, in cui si trovò che persone anziane con colesterolo basso hanno una mortalità doppia per attacco di cuore rispetto a persone anziane con colesterolo alto. I sostenitori della campagna per un colesterolo basso, coerentemente con la loro posizione, ignorano questa obiezione o la considerano come una rara eccezione, casualmente prodottasi tra un grande numero di studi a supporto del contrario. Eppure non si tratta di un'eccezione; ora è disponibile una vasta mole di risultati che contraddicono l'ipotesi lipidica. Scendendo nello specifico, molti studi su persone anziane hanno evidenziato che il colesterolo alto non è un fattore di rischio per le malattie coronariche.

IL COLESTEROLO ALTO PROTEGGE DALLE INFEZIONI

Sono molti gli studi che hanno trovato come un colesterolo basso sia per certi aspetti peggiore di un colesterolo alto. Per esempio, in 19 ampi studi su più di 68.000 morti, esaminati dal Professor David R. Jacobs e dai suoi collaboratori della Divisione di Epidemiologia dell'Università del Minnesota, un colesterolo basso indica un aumentato rischio di morte per malattie gastrointestinali e respiratorie. La maggior parte delle malattie gastrointestinali e respiratorie ha un'origine infettiva. Pertanto un importante quesito è se sia l'infezione ad abbassare il colesterolo o se non sia un abbassamento del colesterolo a predisporre all'infezione. Per dare una risposta il Professor Jacobs e il suo gruppo, assieme al Dr. Carlos Iribarren, hanno seguito più di 100.000 individui in salute dell'area di San Francisco per quindici anni. Al termine dello studio quelli che avevano colesterolo basso all'inizio dello studio erano stati ricoverati in ospedale più spesso degli altri a seguito di malattie infettive. Quest'evidenza non può essere controbattuta dicendo che è stata l'infezione a fare scendere il colesterolo in quanto il colesterolo era stato trovato basso quando queste persone non avevano ancora nessuna infezione evidente. Sembra piuttosto che il colesterolo basso, in qualche modo, li abbia resi più esposti all'infezione, o che il colesterolo alto abbia protetto quelli che non hanno avuto infezioni. A supporto di questa interpretazione ci sono molti risultati.

COLESTEROLO E INSUFFICIENZA CARDIACA CRONICA

Una malattia cardiaca può portare a un indebolimento del muscolo cardiaco. Un cuore debole vuol dire che meno sangue, e quindi meno ossigeno, viene portato alle arterie. Per compensare la potenza diminuita, il battito cardiaco s'innalza, ma se il malanno è serio ciò non basta. Pazienti con insufficienza cardiaca seria restano senza fiato perché i tessuti ricevono troppo poco ossigeno, la pressione nei loro vasi cresce perché il cuore non può pompare il sangue con potenza sufficiente e diventano edematosi, cioè c'è del fluido che si accumula nelle gambe e nei casi più seri anche nei polmoni e in altre parti del corpo. Tale condizione è detta insufficienza cardiaca congestiva o cronica. Ci sono molte indicazioni che i batteri o altri microorganismi giochino un ruolo importante nell'insufficienza cardiaca cronica. Per esempio, pazienti con una severa insufficienza cardiaca cronica hanno alti livelli di endotossina e vari tipi di citochine nel loro sangue. L'endotossina, detta anche liposaccaride, è la sostanza maggiormente tossica prodotta da batteri Gram-negativi quali l'Escherichia coli, Klebsiella, Salmonella, Serratia e Pseudomonas. Le citochine sono ormoni secreti dai globuli bianchi nella loro battaglia contro i microorganismi; alti livelli di citochine nel sangue indicano che sono in atto processi infiammatori da qualche parte nel corpo. Il ruolo delle infezioni nell'insufficienza cardiaca cronica è stato studiato dal Dr. Mathias Rauchhaus e il suo team al Dipartimento Medico, dell'Università Martin-Lutero a Halle, in Germania (Universitätsklinik und Poliklinik für Innere Medizin III, Martin-Luther-Universität, Halle). Hanno trovato che l'indicatore di mortalità più affidabile per pazienti con insufficienza cardiaca cronica era la concentrazione di citochine nel sangue, particolarmente per pazienti la cui insufficienza fosse dovuta a disfunzione coronarica. Per spiegare i loro risultati, ipotizzano che i batteri intestinali possano penetrare nei tessuti con più facilità se la pressione delle vene addominali è cresciuta a causa della deficienza cardiaca. In accordo con questa teoria, hanno riscontrato una maggior quantità di endotossine nel sangue di pazienti con deficienza cardiaca ed edema che non in pazienti privi di questi problemi, inoltre le concentrazioni di endotossine sono diminuite in maniera significativa quando le funzionalità cardiache sono state assistite mediante trattamento medico.
Un modo semplice per controllare lo stato del sistema immunitario consiste nell'iniettare sotto la cute antigeni di microorganismi cui sono esposti la maggioranza delle persone. Quando il sistema immunitario è normale, passate circa 48 ore, appare un indurimento nel punto dell'iniezione. Se l'indurimento è piccolo, con diametro minore di pochi millimetri, ciò indica la presenza di “anergia,” cioè una minore o mancante risposta nel riconoscere gli antigeni. Di conseguenza, l'anergia è stata associata ad un aumentato rischio di infezioni e mortalità in individui anziani e sani, in pazienti trattati chirurgicamente e in trapiantati di cuore. La Dr.ssa Donna Vredevoe e il suo gruppo della Scuola Infermieristica e Scuola di Medicina, dell'Università di California a Los Angeles, hanno controllato più di 200 pazienti con deficienza cardiaca seria. Hanno applicato cinque differenti antigeni e hanno seguito i pazienti per dodici mesi. In metà dei pazienti la causa dell'insufficienza era coronarica, nei restanti le cause erano miste (malattie valvolari congenite o infettive, cardiomiopatie e endocarditi). Quasi la metà dei pazienti era anergica, e quelli che erano anergici e avevano malattie coronariche hanno avuto una mortalità molto più alta degli altri. Ed ecco il punto saliente: i ricercatori hanno trovato, non senza sorpresa, che la mortalità era più alta, non solo nei pazienti anergici, ma anche nei pazienti con i minori valori lipidici, inclusi colesterolo totale, colesterolo LDL, colesterolo HDL e trigliceridi.
Questi ultimi risultati sono stati confermati dal Dr. Rauchhaus, stavolta in cooperazione con i ricercatori di numerose cliniche universitarie Tedesche e Inglesi. Hanno trovato che il rischio di mortalità per pazienti con insufficienza cardiaca cronica era fortemente e inversamente correlato con il colesterolo totale, colesterolo LDL e anche trigliceridi; le persone con i valori lipidici più alti vivevano molto più a lungo di quelli con valori bassi.
Altri ricercatori hanno ottenuto risultati simili. Lo studio più ampio è stato quello effettuato dal Professor Gregg C. Fonorow e il suo team del Dipartimento di Medicina e Centro di Cardiomiopatia dell'UCLA a Los Angeles. Lo studio, condotto dalla Dr.ssa Tamara Horwich, ha considerato più di mille pazienti con insufficienza cardiaca seria. Dopo cinque anni il 62% dei pazienti con colesterolo sotto 129 mg/l erano morti, mentre pazienti con colesterolo sopra 223 mg/l avevano una percentuale dimezzata.  Quando i sostenitori dell'ipotesi della necessità della riduzione del colesterolo sono messi di fronte ai risultati che evidenziano le cattive conseguenze associate ad un basso colesterolo ,e ce ne sono molte altre, loro normalmente controbattono che i pazienti ammalati seriamente sono spesso malnutriti, e si attribuisce la causa del basso colesterolo alla malnutrizione. Comunque, la mortalità dei pazienti di questo studio era indipendente dal loro grado di nutrimento; un colesterolo basso è fattore predittivo di mortalità sia che i pazienti siano nutriti bene o meno.

SINDROME DI SMITH-LEMLI-OPITZ

Come discusso in The Cholesterol Myths, c'è notevole evidenza a supporto della teoria che le persone nate con colesterolo molto alto, ipercolesterolemia familiare, siano protette dalle infezioni. Ma se nascere col colesterolo alto protegge dalle infezioni, nascere col colesterolo basso dovrebbe avere un effetto opposto. Effettivamente sembra che sia proprio così. I bambini con la sindrome di Smith-Lemli-Opitz hanno un colesterolo estremamente basso perché l'enzima necessario per l'ultima fase della sintesi del colesterolo all'interno del corpo non funziona come dovrebbe. La maggior parte dei bambini con questa sindrome nasce morta o muore poco dopo la nascita in seguito a malformazioni serie del sistema nervoso centrale. I bambini che sopravvivono sono ritardati mentali, hanno un colesterolo estremamente basso e soffrono di frequenti e serie infezioni. Se però la loro dieta viene integrata con colesterolo puro o con l'aggiunta di uova, il loro colesterolo cresce e la loro propensione all'infezione diviene meno seria e meno pronunciata.

EVIDENZE DI LABORATORIO

Gli studi in laboratorio sono essenziali per capire meglio i meccanismi tramite i quali i lipidi esercitano la loro funzione protettiva. Uno dei primi a studiare questo fenomeno fu il Dr Sucharit Bhakdi dell'Istituto di Microbiologia Medica, dell'Università di Giessen, in Germania (Institut für Medizinsche Mikrobiologie, Justus-Liebig-Universität Gießen), assieme col suo gruppo di ricercatori provenienti da svariate istituzioni Tedesche e Danesi. La tossina-a dello Staphylococcus aureus è la sostanza più tossica prodotta da quella famiglia di batteri che predispongono alle malattie detti stafilococchi. Essa può distruggere un'ampia varietà di cellule umane, globuli rossi inclusi. Per esempio, aggiungendo piccole quantità della tossina in una provetta con globuli rossi in una soluzione salina al 0.9 percento, si verifica emolisi, cioè le membrane dei globuli rossi si spaccano e l'emoglobina fuoriesce nel solvente. Il Dr. Bhakdi e il suo team hanno miscelato la tossina-a purificata con siero umano (il liquido in cui si trovano i globuli rossi) e hanno notato che il 90 percento del suo effetto emolitico scompare. Con metodi vari e complicati sono riusciti ad identificare la sostanza protettiva nell'LDL, il portatore del cosiddetto cattivo colesterolo. Per controprova, l'emolisi è scomparsa del tutto quando hanno miscelato tossina-a con solo LDL umano purificato, mentre invece l'HDL o altri costituenti del plasma si sono dimostrati inefficaci sotto questo aspetto.
Il Dr. Willy Flegel e i suoi collaboratori del Dipartimento di Medicina Trasfusionale, dell'Università di Ulm, e l'Istituto di Immunologia e Genetica del Centro Tedesco di Ricerca sul Cancro di Heidelberg, in Germania (DRK-Blutspendezentrale und Abteilung für Transfusionsmedizin, Universität Ulm, und Deutsches Krebsforschungszentrum, Heidelberg) hanno studiato l'endotossina in un altro modo. Come detto, uno degli effetti dell'endotossina è quello di stimolare i globuli bianchi a produrre citochine. I ricercatori tedeschi hanno trovato che tale effetto stimolatore scompare quasi del tutto se l'endotossina è lasciata miscelata con siero umano per 24 ore prima di aggiungere globuli bianchi nelle provette. In uno studio successivo hanno trovato che l'LDL purificato di pazienti con ipercolesterolemia familiare aveva lo stesso effetto inibitore del siero. L'LDL non solo può legare e inattivare le pericolose tossine dei batteri; sembra che abbia anche una influenza benefica diretta sul sistema immunitario, spiegando possibilmente l'osservata relazione tra un colesterolo basso e svariate malattie croniche. Tale fatto è stato il punto di partenza per uno studio del Professor Matthew Muldoon e colleghi dell'Università di Pittsburgh, Pennsylvania. Hanno studiato uomini sani giovani e di mezza età. Hanno trovato che il numero totale di globuli bianchi e che il numero dei vari tipi di globuli bianchi erano significativamente minori per individui con LDL sotto 160 mg/dl (media 88.3 mg/l), che non in uomini con LDL sopra 160 mg/l (media 185.5 mg/l). I ricercatori hanno concluso cautamente che c'erano differenze nel sistema immunitario tra gli uomini con colesterolo basso e alto, ma che era troppo presto per stabilire se queste differenze avessero qualche importanza per la salute umana. Ora, dopo sette anni e con i molti dei risultati fin qui discussi, ci permettiamo di dire che le proprietà potenzianti del sistema immunitario dell'LDL rivestono realmente un ruolo importante per la salute umana.

ESPERIMENTI CON CAVIE

I sistemi immunitari dei diversi mammiferi, umani inclusi, hanno molte affinità. E' pertanto interessante vedere cosa possano dirci gli esperimenti con ratti e topi. Il Professor Kenneth Feingold del Dipartimento di Medicina, dell'Università di California, San Francisco, e il suo gruppo, hanno pubblicato diversi interessanti risultati tratti da ricerche su questo argomento. In una di queste essi hanno abbassato il colesterolo LDL nei ratti somministrando farmaci che impedissero al fegato di secernere lipoproteine o che ne favorissero la scomparsa. In entrambi i casi, a seguito dell'iniezione di endotossina, si è riscontrata una mortalità molto più alta nelle cavie col colesterolo basso rispetto a quelle del gruppo di controllo non trattato. L'alta mortalità non era indotta dai farmaci, infatti quando alle cavie trattate venivano ulteriormente iniettate lipoproteine giusto prima dell'iniezione di endotossina, la loro mortalità veniva ricondotta nella norma
Il Dr. Mihai Netea e il suo team del Dipartimento di Medicina Interna e Nucleare della Clinica Universitaria di Nijmegen, Olanda, ha iniettato endotossina purificata in topi normali e in topi con ipercolesterolemia familiare che avevano l'LDL quattro volte più alto del normale. Mentre sono morti tutti i topi normali, il decesso dei topi ipercolesterolemici è arrivato solo iniettando una dose otto volte superiore di endotossina. In un altro esperimento hanno iniettato batteri vivi e hanno trovato una sopravvivenza doppia nei topi affetti da l'ipercolesterolemia familiare rispetto ai topi normali del gruppo di controllo.

ALTRI LIPIDI PROTETTIVI

Come abbiamo visto finora, molti dei ruoli rivestiti dall'LDL sono condivisi dall'HDL. Ciò non dovrebbe sorprendere più di tanto considerando che un alto HDL è associato alla salute cardiovascolare e alla longevità. Ma c'è di più. I trigliceridi, molecole consistenti in tre acidi grassi collegati al glicerolo, sono insolubili in acqua e pertanto sono trasportati nel sangue all'interno di lipoproteine, proprio come il colesterolo. Tutte le lipoproteine portano trigliceridi, ma la maggior parte di questi è trasportata da una lipoproteina detta VLDL (very low-density lipoprotein – lipoproteina a bassissima densità) e dai chilomicroni, una miscela di trigliceridi emulsionati presente in grandi quantità dopo un pasto ricco di grassi, particolarmente nel sangue che fluisce dall'intestino al fegato. Per molti anni si è saputo che la sepsi, una condizione anche mortale causata da una crescita batterica nel sangue, è associata ad un alto livello di trigliceridi. I più importanti sintomi della sepsi sono dovuti all'endotossina, per lo più prodotta da batteri intestinali. In un numero di studi, il Professor Hobart W. Harris e il suo team, del Laboratorio di Ricerca Chirurgica dell'Ospedale Generale di San Francisco, hanno trovato che soluzioni ricche di trigliceridi ma praticamente prive di colesterolo riuscivano a proteggere cavie dagli effetti tossici dell'endotossina e hanno concluso che gli alti livelli di trigliceridi riscontrati nella sepsi sono una risposta immunitaria normale all'infezione. Di solito i batteri responsabili della sepsi provengono dall'intestino. E' pertanto una fortuna che il sangue che esce dall'intestino sia particolarmente ricco di trigliceridi.

ECCEZIONI

Finora gli esperimenti con cavie hanno confermato l'ipotesi che il colesterolo alto protegga contro le infezioni, almeno contro quelle causate dai batteri. In un esperimento simile, usando iniezioni di Candida albicans, un fungo comune, il Dr. Netea e il suo gruppo hanno trovato che topi con ipercolesterolemia familiare muoiono più facilmente dei topi normali. Le infezioni serie, causate dalla Candida albicans, sono rare negli esseri umani; comunque si possono riscontrare frequentemente in pazienti trattati con farmaci immunodepressivi, anche se i risultati indicano che c'è bisogno di ulteriori dati in quest'area. In ogni caso, i molti risultati sopra menzionati indicano che gli effetti protettivi dei lipidi nel sangue contro le infezioni negli esseri umani sembrano essere maggiori di ogni possibile effetto contrario.

IL COLESTEROLO QUALE FATTORE DI RISCHIO

La maggior parte degli studi su uomini giovani e di mezza età ha individuato l'alto colesterolo come fattore di rischio per l'insufficienza coronarica, apparentemente in contraddizione con l'idea che invece esso sia protettivo. Perché l'alto colesterolo è un fattore di rischio negli uomini giovani e di mezza età? Una spiegazione probabile è che a quell'età gli uomini sono spesso al vertice della propria carriera professionale. L'alto colesterolo può pertanto indicare stress mentale, causa ben nota di colesterolo alto nonché fattore di rischio di malattie cardiache. In questo caso l'alto colesterolo non è quindi necessariamente la causa diretta ma potrebbe essere solo un indicatore. L'alto colesterolo in uomini giovani e di mezza età potrebbe, per esempio, rispecchiare il bisogno del corpo di ulteriore colesterolo in quanto esso è il materiale base di molti ormoni dello stress. Ogni possibile effetto protettivo sul sistema vascolare dovuto all'alto colesterolo, può pertanto essere controbilanciato dall'influenza negativa di una vita stressante.

RISPOSTA ALLE LESIONI

Nel 1976 venne presentata una delle teorie maggiormente promettenti sulla causa dell'arteriosclerosi: la teoria della risposta alla lesione. Fu avanzata da Russell Ross, un professore di patologia, e John Glomset, un professore di biochimica e medicina della Scuola di Medicina dell'Università di Washington a Seattle. Essi ipotizzarono che l'arteriosclerosi fosse la conseguenza di un processo infiammatorio, il cui primo evento è una lesione localizzata sul sottile strato di cellule disposte all'interno delle arterie, l'intima. La lesione genera infiammazione e le placche di accrescimento formatesi sono semplicemente lesioni guarite. La loro idea non è originale. Nel 1911 due patologi americani dei Laboratori di Patologia, Università di Pittsburgh, Pennsylvania, Oskar Klotz e M.F. Manning, pubblicarono un sunto dei loro studi delle arterie umane e conclusero che “c'è ogni indicazione che la produzione di tessuto nell'intima è la conseguenza di una diretta irritazione di quel tessuto dalla presenza di infezioni o tossine o dallo stimolo dei prodotti di una degenerazione primaria in quello straterello”. Anche altri ricercatori hanno presentato teorie simili.
Gli studiosi hanno proposto molte potenziali cause delle lesioni vascolari, incluso stress meccanico, esposizione al fumo del tabacco, alto colesterolo, colesterolo ossidato, omocisteina, conseguenze metaboliche del diabete, sovraccarico di ferro, deficienza di rame, deficienza di vitamine A e D, uso di acidi grassi trans, microorganismi e molte altre ancora. Ognuno di questi fattori ha ottenuto un qualche supporto sperimentale pur rimanendo incerto il peso del suo contributo. Tranne in un caso. L'eccezione è naturalmente il colesterolo LDL. L'estensiva ricerca ci permette di escludere un alto LDL dalla lista. Sia che si guardi direttamente a occhio nudo l'interno delle arterie in un'autopsia, o che lo si faccia indirettamente su persone vive usando raggi-x, ultrasuoni o fasci elettronici, non è mai stata trovata un'associazione che valga la pena di citare e che correli la quantità di lipidi nel sangue e il grado di arteriosclerosi delle arterie. Inoltre, che il colesterolo salga o scenda, da solo o per intervento medico, le variazioni di colesterolo non sono mai state accompagnate da variazioni nelle placche arteriosclerotiche; non c'è legame causa effetto. I sostenitori della campagna del colesterolo affermano spesso che i test hanno trovato un legame causa effetto, ma con ciò si riferiscono a calcoli tra le variazioni medie dei diversi test col risultato dell'intero gruppo di trattamento. Mentre un vero legame causa effetto richiede che le variazioni individuali del fattore causale siano seguite da variazioni altrettanto individuali della malattia risultante e tale fatto non si è mai manifestato nei test in cui i ricercatori hanno indagato l'esistenza di un vero legame causa effetto. Una discussione sui molti fattori accusati di danneggiare l'endotelio arteriale va oltre gli scopi di questo articolo. In ogni caso, il ruolo protettivo dei lipidi sanguigni contro le infezioni richiede di dare un'occhiata più da vicino al ruolo asserito per una delle cause addotte, i microorganismi.

L'ARTERIOSCLEROSI E' UNA MALATTIA INFETTIVA?

Per molti anni gli scienziati hanno sospettato che i virus e i batteri, in particolare il cytomegalovirus e la Chlamydia pneumonia partecipassero allo sviluppo dell'arteriosclerosi. La ricerca in quest'area è esplosa nel decennio scorso e, a gennaio 2004, almeno 200 articoli sul tema sono apparsi sulle pubblicazioni mediche. Data la diffusa preoccupazione per il colesterolo e gli altri lipidi, c'è stato d'altra parte poco interesse generale sul soggetto, e solo pochi dottori ne sanno qualcosa. Riporto di seguito alcune delle scoperte più interessanti.
La microscopia elettronica, quella a immunofluorescenza e altre tecniche avanzate hanno permesso di rilevare i microorganismi e il loro DNA nelle lesioni aterosclerotiche in un gran numero di pazienti. Le tossine dei batteri e le citochine, ormoni secreti dai globuli bianchi durante le infezioni, sono riscontrate più spesso nel sangue di pazienti con recenti episodi di malattia e attacco cardiaco, in particolare durante e dopo un evento cardiovascolare acuto, e alcuni di questi sono forti fattori di predizione di malattia cardiovascolare. Lo stesso dicasi per gli anticorpi virali e batterici, e una proteina emessa dal fegato nel corso di infezioni, detta proteina C-reattiva (CRP), costituisce un fattore di rischio di malattie coronariche molto più importante del colesterolo. L'evidenza clinica inoltre sostiene questa teoria. Nelle settimane che precedono un attacco cardiovascolare acuto, molti pazienti hanno avuto un'infezione virale o batterica. Per esempio il Dr. Armin J. Grau del Dipartimento di Neurologia dell'Università di Heidelberg e il suo gruppo hanno indagato su recenti infezioni di 166 pazienti con attacco acuto, 166 pazienti ospedalizzati per altre malattie neurologiche e 166 individui sani scegliendoli per identico sesso ed età. Durante la prima settimana prima dell'attacco, 37 pazienti con attacco contro solo 14 del gruppo di controllo ebbero una malattia infettiva. In metà dei pazienti l'infezione era di origine batterica, nell'altra metà di origine virale. Molti altri hanno effettuato osservazioni simili in pazienti con infarto miocardico acuto (attacco di cuore). Per esempio, il Dr. Kimmo J. Mattila del Dipartimento di Medicina della Clinica Universitaria di Helsinki, Finlandia, ha trovato che 11 su 40 pazienti maschi infartuati prima dei 50 anni avevano avuto un'infezione simil-influenzale accompagnata da febbre nelle 36 ore precedenti l'ammissione in ospedale, contro solo 4 di 41 pazienti con insufficienza coronarica cronica e 4 di 40 individui di controllo senza malattie croniche scelti a caso da una popolazione generica.
Sono state fatte delle sperimentazioni per prevenire le malattie cardiovascolari mediante trattamenti con antibiotici. In cinque trattamenti sperimentali su pazienti con malattie coronariche usando azitromicina o roxitromicina, antibiotici che sono efficaci contro la Chlamydia pneumonia, si sono avuti risultati buoni; si sono verificati 104 eventi cardiovascolari sui 412 pazienti non trattati, ma solo 61 eventi sui 410 pazienti nel gruppo trattato. In un test successivo, il trattamento antibiotico ha portato ad un significativo calo del progredire dell'arteriosclerosi delle arterie della carotide. Comunque, in quattro altre sperimentazioni, una delle quali riguardava più di 7000 pazienti, il trattamento con antibiotici non ha avuto effetti significativi. La ragione di questi risultati inconsistenti può essere stata la troppo breve durata del trattamento (una sperimentazione è stata condotta solo per cinque giorni). Inoltre, la Chlamydia pneumonia, può propagarsi solo all'interno delle cellule umane e quando è nei globuli bianchi risulta resistente agli antibiotici. Una ragione dell'inefficacia del trattamento può anche risiedere nel fatto che gli antibiotici usati non hanno effetto sui virus. In questo contesto è interessante citare una sperimentazione controllata condotta dal Dr. Enrique Gurfinkel e il suo gruppo di Buenos Aires, Argentina. Hanno vaccinato contro l'influenza, malattia virale, metà dei 301 pazienti con insufficienza coronarica. Dopo sei mesi, l'8 percento dei pazienti di controllo erano deceduti, ma solo il 2 percento dei pazienti vaccinati. Vale la pena di sottolineare che un tale effetto è già migliore di quello raggiunto da qualsiasi sperimentazione sulle statine, e in tempi molto più brevi.

IL COLESTEROLO ALTO PROTEGGE CONTRO LE MALATTIE CARDIOVASCOLARI?

Apparentemente i microorganismi giocano un ruolo di rilievo nelle malattie cardiovascolari. Possono essere uno dei fattori che iniziano il processo lesionando l'endotelio arteriale. Un secondo ruolo può essere dedotto dall'associazione tra malattia cardiovascolare acuta e infezione. L'agente infettivo può preferibilmente diventare localizzato nelle parti delle pareti arteriose che sono state in precedenza danneggiate da altri agenti, avviando una coagulazione locale e la creazione di un trombo (coagulo) e in tal modo generare un ostacolo al flusso sanguigno. Ma se è così, il colesterolo alto può proteggere dalle malattie cardiovascolari invece che esserne la causa! In ogni caso, l'idea della dieta per il cuore, con la sua demonizzazione dell'alto colesterolo, è ovviamente in conflitto con l'idea che l'alto colesterolo protegge dalle infezioni. Le due idee non possono essere vere contemporaneamente. Facciamo un sunto dei molti fatti che contrastano con l'idea che il colesterolo sia dannoso. Se il colesterolo fosse la più importante causa di arteriosclerosi, le persone con colesterolo alto dovrebbero essere più aterosclerotiche di quelle che hanno colesterolo basso. Ma come ora sapete ciò è molto distante dal vero. Se un alto colesterolo fosse la più importante causa di arteriosclerosi, l'abbassamento del colesterolo dovrebbe influire sul processo aterosclerotico in proporzione alla riduzione effettuata. Ma, come ora sapete, non è questo quello che succede. Se l'alto colesterolo fosse la più importante causa di malattie cardiovascolari, dovrebbe essere un fattore di rischio per tutte le popolazioni, in entrambi i sessi, a tutte le età, in ogni sottocategoria della malattia, e sia per la malattia cardiaca che per l'attacco cardiaco. Ma, come ora sapete, non è questo il caso.
Ho solo due argomenti a sostegno dell'idea che l'alto colesterolo è buono per i vasi sanguigni e sono molto forti, al contrario degli argomenti che asseriscono la tesi contraria. Il primo emerge dalle sperimentazioni sulle statine. Se l'alto colesterolo fosse la causa più importante delle malattie cardiovascolari, l'effetto maggiore del trattamento con statine si sarebbe dovuto vedere nei pazienti con il colesterolo più alto, e in pazienti il cui colesterolo fosse maggiormente calato. La mancanza di causa effetto non può essere attribuita alla fatto che le statine hanno altri effetti sulla stabilizzazione delle placche, in quanto ciò non avrebbe mascherato comunque l'effetto di abbassamento del colesterolo specie considerando i livelli pronunciatamente bassi raggiunti. Al contrario, se un farmaco abbassa sensibilmente la concentrazione di una molecola supposta dannosa per il sistema cardiovascolare e allo stesso tempo esplica altri effetti benefici sullo stesso sistema, un legame causa effetto avrebbe dovuto manifestarsi.
D'altro lato, se l'alto colesterolo ha una funzione protettiva, come dedotto, un suo abbassarsi controbilancerebbe gli effetti benefici delle statine e quindi andrebbe contro un legame causa effetto, il che sarebbe in accordo con i risultati delle varie sperimentazioni. Ho già menzionato il mio secondo argomento, ma non ci si deve stancare di ripeterlo: l'alto colesterolo è associato alla longevità delle persone anziane. E' un fatto difficile da spiegare: nel periodo della vita in cui si verificano la maggior delle malattie cardiovascolari, per cui la maggior parte delle persone muore, (e la maggior parte di ognuno di noi muore di malattia cardiovascolare), il colesterolo alto si riscontra più spesso nelle persone che hanno la mortalità minore. Com'è possibile che l'alto colesterolo sia dannoso alle pareti arteriose e causi malattie coronariche fatali, la più comune causa di morte, se quelli che hanno il colesterolo più alto vivono più a lungo di quelli che hanno il colesterolo basso?

11-04-2014

Un nuovo studio pubblicato su The Breast Journal, dai ricercatori del Dipartimento di Chirurgia, St. Luke's-Roosevelt Hospital Center, New York, conferma i numerosi studi precedenti e convalida l'ipotesi che le donne con una bassa densità minerale ossea avranno tassi di recidiva del cancro al seno più bassi rispetto alle donne con la cosiddetta densità ossea “normale”. Nello studio, intitolato "La densità minerale ossea è un fattore prognostico per le donne caucasiche in postmenopausa con cancro al seno", i ricercatori hanno esaminato le cartelle di 309 pazienti con carcinoma mammario con test completi di follow-up e della densità ossea entro 1’anno dal loro intervento. I risultati riportati sono i seguenti: "Il risultato dei pazienti con bassa densità ossea (t> -1.0) è stato confrontato con il risultato  di pazienti con una normale densità ossea (t <-1.1). Tra i 193 pazienti con tumori invasivi della mammella e la bassa densità ossea, la sopravvivenza dalla malattia a distanza di 5 anni è stata del 96% rispetto all’84% di 114 pazienti con cancri al seno invasivi e una normale densità ossea (p = 0,0239)”. Quindi, una bassa densità minerale ossea è associata ad un tasso inferiore locale e distante delle recidive del cancro al seno. Potrebbe sembrare una sorpresa che un’elevata densità minerale ossea non è in qualche modo sano per la salute generale delle donne, come l’ossessione medica che per un quarto di secolo propinava, in maniera errata, una teoria distorta e pericolosa per i problemi di salute delle donne. Infatti, il peso delle prove ora ci guida verso la conclusione opposta: un’elevata densità minerale ossea è pericolosa per la salute delle donne. Prima di tutto, diamo uno sguardo più da vicino ai mezzi diagnostici che consentono di stabilire una “normale” densità ossea. Da quando l'invecchiamento naturale (processo di assottigliamento) delle ossa è stato ridefinito come malattia dall'Organizzazione Mondiale della Sanità a metà degli anni '90, milioni di donne sottoposte a vari controlli, venivano valutate con il T-score per determinare la normale densità minerale ossea, e questo ha probabilmente portato ad aver sovradiagnosticato patologie come l’osteoporosi e l’osteopenia. Il buon senso ci dice che non si dovrebbero mai confrontare i punteggi della massa ossea delle donne adulte con quelle dei giovani di circa 25 anni di età, ma la pressione finanziaria da parte delle multinazionali del farmaco a capitalizzare lo sviluppo di nuovi farmaci (Merck: bisfosfonato Fosamax) e tecnologie diagnostiche (scansioni DEXA) ha portato alla creazione di una malattia molto redditizia per il business delle multinazionali. Naturalmente, queste tecniche hanno portato a trattamenti eccessivi con integratori di calcio e farmaci brevettati, aumentando ulteriormente i livelli di densità minerale ossea, senza pensare agli effetti indesiderati, negativi per la salute, che oggi includono sia le malattie cardiache che il cancro. Questa ricerca indica un difetto fondamentale nel modo in cui la medicina convenzionale da la priorità ai problemi di salute delle donne. Considerando inoltre l’estrema importanza che viene data alla riduzione del rischio di cancro al seno attraverso la promozione di raccolte fondi e proiezioni statistiche su questa malattia, nonostante il fatto ormai ben noto che oltre 70.000 donne ogni anno vengono diagnosticate e trattate ingiustamente per tumori al seno che non erano in realtà nulla al di là delle variazioni naturali nella morfologia del seno che non sarebbero mai progredite fino a provocare danni, resta il fatto che le donne vengono trattate con scansioni per determinare la densità minerale ossea, rafforzando la falsa percezione che una donna sarà in generale più sana, e la mortalità più bassa, se le sue ossa saranno più dense. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità...In primo luogo, le donne oggi muoiono soprattutto per decessi legate a diverse malattie coronariche, come l’infarto. Per aumentare i risultati della densità minerale ossea vengono prescritti integratori contenenti 1000 mg o più al giorno di calcio inorganico, nonostante 500 mg al giorno di calcio può aumentare il rischio di attacco di cuore del 24-86%, in base a una serie di meta-analisi pubblicate lo scorso anno. In secondo luogo, dopo le malattie cardiache, il cancro è la seconda causa di morte nelle donne, con una mortalità del cancro al seno secondo solo alla mortalità del cancro ai polmoni. I medici delle ossa hanno creato una teoria errata facendo credere alle donne che nulla potrebbe essere più importante per la salute che aumentare la densità ossea, anche se questa convinzione ossessiva ha portato all’aumento del rischio di cancro al seno, e arterie calcificate da megadosi di integratori di calcio. Il senologo si concentra sulla diagnosi precoce inducendo il cancro tramite radiazioni che vengono effettuate per i controlli al seno. I cardiologi sopprimono il colesterolo LDL mediante avvelenamento chimico (statine), con conseguente indebolimento dei muscoli del cuore dei loro pazienti. Evviva la medicina!

 

http://www.greenmedinfo.com/blog/confirmed-lower-your-bone-density-lower-your-breast-cancer-risk?page=2

Giovedì, 10 Aprile 2014 20:00

IL TE' IN BOTTIGLIA NON FA BENE ALLA SALUTE.

10-04-2014

Il tè in bottiglia non è sano quanto quello naturale. Secondo un gruppo di ricercatori della società biotecnologica WellGen, il tè confezionato non contiene la quantità di polifenoli, le sostanze antiossidanti associate a diversi benefici sulla salute che tanto pubblicizzano i produttori. I risultati della ricerca sono stati presentati al convegno nazionale dell'American Chemical Society a Boston (Massachusetts, Usa). "I consumatori capiscono molto bene che il consumo di tè e di altri prodotti hanno benefìci per la salute", ha detto Li Shiming, autore dello studio, "tuttavia esiste un ampio divario tra la percezione dei benefici del consumo di tè e la quantità di nutrienti sani, come i polifenoli, che si trovano nel prodotto confezionato. La nostra analisi ha determinato che in questo caso il contenuto di polifenoli è estremamente basso". In un rapporto del 2006 del Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti è emerso che il tè verde istantaneo contiene una quantità trascurabile di EGC (epigallo-catechin-gallato), la sostanza attiva principale di questa pianta. Il tè è la seconda bevanda più consumata al mondo dopo l'acqua. L'impossibilità di preparare questa bevanda in certe situazioni ha portato alla proliferazione di prodotti imbottigliati che tendono a essere più attraenti per i consumatori, con sapori e gusti diversi, meno amari rispetto all'infusione pura e semplice. Lo studio coordinato da Li Shiming, ha avvertito che il contenuto di polifenoli del tè imbottigliato e già pronto, non supera i 10 milligrammi, mentre una tazza tradizionale di tè ne contiene dai 50 ai 150 milligrammi. Questo perchè i polifenoli, nonostante tutti i benefici, hanno due grossi svantaggi: sono amari e astringenti. I produttori spesso scelgono di ridurne il contenuto per ottenere un sapore piacevole al palato. E per far questo, ha spiegato Li, "il modo più semplice è quello di aggiungere meno tè", e quindi diminuire la presenza delle sostanze che rendono la bevanda benefica per la salute.

 

http://www.acs.org/content/acs/en/pressroom/newsreleases/2010/august/bottled-tea-beverages-may-contain-fewer-polyphenols-than-brewed-tea.html

http://www.sciencedaily.com/releases/2010/08/100822150639.htm

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2010-08/acs-btb080610.php

10-04-2014

Se hai la tosse, fatti una tazza di latte e miele. Se hai mal di gola, buttane giù un cucchiaino. Vi siete mai chiesti quale fosse il fondamento scientifico di questi rimedi della nonna? Lo ha fatto l'Università israeliana di Tel Aviv, confermando in laboratorio ciò che tutti sappiamo da generazioni: in caso di tosse niente è più curativo del miele. Neanche i farmaci specializzati. Ai bambini è meglio dare un cucchiaino di nettare d'api all'eucalipto che uno di sciroppo per la gola, specialmente se hanno quel tipo di tosse che non fa dormire la notte. Lo studio pubblicato sulla rivista Pediatrics è stato condotto prendendo in esame 300 bambini piccoli da 1 a 5 anni (età media 2,4), tutti con la tosse, e dando ad alcuni, prima di andare a dormire, un cucchino di miele, e ad altri una sostanza simile che miele non era. I miglioramenti nello stato di salute sono stati evidenti già il giorno successivo nei pazienti che avevano assunto il miele, mentre negli altri la malattia ha fatto il suo corso. In particolare, mezz'ora prima di mettere a letto i figli, i genitori hanno dato loro 10 grammi di uno di tre tipi diversi di miele a disposizione (tra cui quello all'eucalipto), riportando poi su questionari i sintomi, come avessero dormito la notte e quanto frequentemente avessero tossito. "Il miele - spiega il dottor Herman Avner Cohen, che ha condotto lo studio - è estremamente ricco di antiossidanti (tra cui la vitamina C e flavonoidi, quello più scuro tende ad averne di più) e può avere un qualche ruolo nella lotta contro qualsiasi infezione generata dal raffreddore. Inoltre, è denso e dolce e stimola quindi la salivazione, assottiglia il muco e lubrifica le vie respiratorie superiori". In particolare, mezz'ora prima di mettere a letto i figli, i genitori hanno dato loro 10 grammi di uno di tre tipi diversi di miele a disposizione (tra cui quello all'eucalipto), riportando poi su questionari i sintomi, come avessero dormito la notte e quanto frequentemente avessero tossito. Anche il dipartimento di pediatria e scienze della sanità pubblica dell'Università della Pennsylvania ha dimostrato le proprietà curative della preziosa sostanza, studiandone gli effetti benefici su 105 bambini e adolescenti tra i 2 e i 18 anni, tutti con tosse. Nel loro studio pubblicato su Archives of Pediatric and Adolescent Medicine, gli studiosi hanno confrontato l'effetto del miele di grano saraceno con quello del dextromethorphan, un principio attivo contenuto in un gran numero di medicinali contro la tosse e il mal di gola. Dai risultati è emerso che il prodotto delle api non solo è più efficace ma offre benefici e sollievo soprattutto durante la notte. Il segreto del suo potere lenitivo sta proprio nel suo sapore, perché le sostanze dolci inducono naturalmente il riflesso della salivazione, causando le secrezioni del muco e un effetto sedativo ed emolliente su faringe e laringe. Il miele è citato come potenziale trattamento anti-raffreddore anche dall'Organizzazione mondiale della sanità ed è universalmente considerato un emolliente economico e in grado di alleviare il fastidio della gola irritata, con potenti effetti antimicrobici e antiossidanti. Il miele inoltre è ricco di zinco, magnesio, potassio e vitamine, ma è costituito per l'85/95% da zuccheri, glucosio e fruttosio. Attenzione dunque a non esagerare per non incorrere nella controindicazione peggiore di tutte: il sovrappeso.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22869830

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18056558

10-04-2014

I gliomi sono tumori primari più comuni e letali del sistema nervoso centrale. Nonostante gli attuali protocolli rigorosi di trattamento, la chemioterapia non è riuscita a migliorare la prognosi del paziente in modo significativo. La curcumina è un potente antiossidante che possiede attività sia antinfiammatoria che antitumorale, in grado di sopprimere l'iniziazione, la promozione e la metastasi di tumori diversi. Le sue proprietà antitumorali e la sua trascurabile tossicità in cellule normali fanno un candidato chemioterapico promettente. Ma l'effetto e il meccanismo molecolare della curcumina sui gliomi sono ancora poco riconosciuti. L'obiettivo dello studio è quello di chiarire l'effetto inibitorio e i possibili meccanismi della curcumina sul glioma. Dopo il trattamento con curcumina, cellule di glioma U251 in vitro sono state inibite in modo dose-dipendente, e la bassa dose di curcumina ha indotto la fase G2/M del ciclo cellulare. L'alta dose di curcumina ha bloccato la fase G2/M del ciclo cellulare, ma anche l’arresto della fase S del ciclo cellulare. L’elettroforesi ha ulteriormente confermato che nessuna molecola di DNA si è formata dopo il trattamento con curcumina in cellule U251. Anche i risultati delle analisi con Western blot hanno rilevato che il trattamento con curcumina ha aumentato l’espressione della proteina ING4, e l’aumento dell’espressione di p53 seguita da induzione di p21 WAF-1/CIP-1 e ING4. I risultati dimostrano che la curcumina esercita un'azione inibitoria sulla crescita cellulare e la proliferazione del glioma tramite induzione di arresto del ciclo cellulare anziché l’induzione dell’apoptosi in maniera p53-dipendente.

 

http://www.greenmedinfo.com/article/curcumin-has-anti-glioma-properties-0

09-04-2014

Con la prevalenza del diabete di tipo 2 in rapida espansione su scala globale, e con la probabilità che 366 milioni di persone dovrebbero essere diagnosticati con questa patologia entro il 2030, il potenziale dello zenzero per alleviare questa condizione è davvero sorprendente. E’ sicuro, conveniente, accessibile e, in base a un crescente corpo di ricerca clinica, un potenziale agente terapeutico per il diabete e le conseguenze patologiche che ne derivano. Un nuovo studio sui benefici per la salute dello zenzero per i diabetici di tipo 2 pubblicati sulla rivista Complementary Therapies in Medicine suggerisce che questa spezia può essere un'alternativa naturale ai farmaci per il diabete per milioni di persone che ne soffrono - molti dei quali con gravi effetti collaterali. Questo studio segue da vicino le orme di un altro, pubblicato sull’International Journal of Food Sciences and Nutrition, che ha dimostrato che 1600 mg di zenzero somministrato per 12 settimane ha migliorato 8 marcatori diversi di diabete del tipo 2. Nel nuovo studio dal titolo "L’effetto della supplementazione di polvere di zenzero sulla resistenza all’insulina e gli indici glicemici nei pazienti con diabete di tipo 2: studio randomizzato, in doppio cieco, placebo-controllato", i ricercatori iraniani hanno cercato di individuare prodotti a base di erbe efficienti nella resistenza all'insulina, una condizione in cui il corpo non è in grado di utilizzare correttamente o rispondere all'insulina, determinando glicemia elevata. Hanno scelto lo zenzero, grazie alle tante ricerche già esistenti che indicano il suo valore terapeutico nel diabete, e perché esaminandolo hanno notato i suoi effetti sulla regolazione dello zucchero nel sangue, aumentando la sensibilità all'insulina. Lo studio in doppio cieco, randomizzato, controllato con placebo, ha coinvolto 81 diabetici di tipo 2, con un'età media di circa 50 anni, a cui sono stati assegnati in modo casuale, zenzero e placebo. Il gruppo dello zenzero ha ricevuto 3 capsule al giorno contenenti un grammo di zenzero in polvere, mentre il gruppo placebo ha ricevuto 3 capsule al giorno contenenti cellulosa microcristallina per 8 settimane. Successivamente sono stati valutati i seguenti parametri:

- HbA1c - un'indicazione di danno ai globuli rossi causati dall'ossidazione di zuccheri (glicazione).

- Fruttosamina - un composto nocivo che si forma come risultato della reazione tra lo zucchero e un'ammina.

- Glicemia a digiuno (FBS).

- Insulina a digiuno.

- Indice di insulino-resistenza.

- Funzione β-cellulare (β%) - un tipo di cellule all'interno del pancreas responsabili della produzione di insulina.

- La sensibilità all'insulina.

- Indice di controllo del quantitativo di sensibilità all’insulina (QUICKI).  

I risultati dell'intervento erano positivi e significativi:

- La media glicemica a digiuno è diminuita del 10,5% nel gruppo dello zenzero, da 171,3 ml/dl a 153,12 mg/dl, mentre nel gruppo placebo è aumentata del 21%, da 136,17 mg/dl a 153,73 mg/dl.  

- L'HbA1c è diminuito da 8,2 a 7,7 nel gruppo dello zenzero, mentre è aumentato  da 6,9 a 8,2 nel gruppo placebo. 

- L'insulino-resistenza è stata abbassata, come determinato dall’aumento dell'indice QIUCKI nel gruppo trattato con lo zenzero.

I ricercatori hanno concluso: "Questo studio ha dimostrato che il consumo giornaliero di 3 g di zenzero in capsule per 8 settimane in pazienti con diabete di tipo 2 porta ad abbassare l’FBS (glicemia a digiuno) e l’HbA1c, nonché variazioni positive di insulina a digiuno, e resistenza all'insulina con l’aumento dell’indice QUICKI. Pertanto, il consumo regolare di questo integratore è consigliato ai pazienti con questa condizione. Tuttavia, per identificare i suoi altri effetti positivi sull’organismo, sono necessari ulteriori studi di approfondimento".

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24559810

 

07-04-2014

L’aglio e i suoi composti sono in grado di ridurre lo sviluppo del cancro mammario in animali e di sopprimere la crescita di cellule di carcinoma mammario umano in coltura. Composti solubili in olio derivati dall’aglio, come diallile disolfuro (DADS), sono più efficaci dei composti idrosolubili nel sopprimere il cancro al seno. I meccanismi di azione includono l'attivazione di enzimi che metabolizzano le sostanze cancerogene, la soppressione della formazione di addotti al DNA, l'inibizione della produzione di specie reattive dell'ossigeno, la regolazione di arresto del ciclo cellulare e l'induzione di apoptosi. Inoltre, l’estratto di aglio riduce gli effetti collaterali causati dai farmaci chemioterapici. Questo studio dimostra che l’aglio, e i suoi composti, sono candidati promettenti per il controllo del cancro al seno.

 

http://science.naturalnews.com/2011/195904_Anticancer_Effects_of_Garlic_and_Garlic_derived_Compounds_for_Breast.html

07-04-2014

Le proprietà antimicrobiche degli oli aromatici volatili così come altre piante commestibili è stata riconosciuta fin dall'antichità. L’olio di origano, che viene utilizzato come agente aromatizzante alimentare, possiede un ampio spettro di attività antimicrobica in vitro attribuito all'elevato contenuto di derivati fenolici come carvacrolo e timolo. Nel presente studio, le proprietà antifungine dell’olio di origano sono stati esaminati sia in vitro che in vivo. L’olio di origano a 0,25 mg /ml ha inibito completamente la crescita di Candida albicans in coltura. Inibizioni di crescita del 75% e > del 50% sono stati osservati a 0,125 mg/ml e 0,0625 mg/ml, rispettivamente. Inoltre, sia la germinazione e la crescita della Candida albicans è stata inibita dall’olio di origano in modo dose-dipendente. Inoltre, l'efficacia terapeutica dell’olio di origano è stata esaminata in un modello murino con candidosi sistemica indotta sperimentalmente. Gruppi di topi (n = 6) infettati con Candida albicans sono stati alimentati in quantità variabili con olio di origano in una soluzione di 0,1 ml di olio di oliva come veicolo. La somministrazione giornaliera di 8,6 mg di olio di origano in 100 microlitri di olio d’oliva/kg di peso corporeo per 30 giorni ha provocato l’80% di sopravvivenza, senza disturbi renali, rispetto al gruppo di topi alimentati con olio d’oliva solamente, morti entro 10 giorni. I risultati del nostro studio incoraggiano l’efficacia dell'olio di origano in altre forme di infezioni fungine sistemiche e di esplorazione del suo effetto ad ampio spettro contro la manifestazione di altri patogeni,compresi i tumori maligni.

 

http://www.greenmedinfo.com/article/oregano-carvacrol-oil-inhibits-candida-albicans-0

06-04-2014

I medici dicono che non c'è cura per l'Alzheimer. Ma uno studio pubblicato sull'edizione del 24 Maggio 2013 di Brain Pathology, suggerisce che l'estratto di iperico può aiutare a prevenire questa malattia, la forma più comune di demenza. Lo studio, condotto da Anja Brenn e colleghi dell'Istituto di Patologia dell'Università di Greifswald in Germania, mostra che l'iperico riduce l'accumulo di depositi beta-amiloide, ritenuta la causa dell'Alzheimer, in un modello di topo. I ricercatori riferiscono che l'esistenza di una proteina di trasporto, chiamata P-glicoproteina, che lega l'ATP (ABCB1) è importante nel prevenire l'Alzheimer, perché aiuta ad espellere nel sangue beta-amiloide dal cervello e ne previene il deposito. I ricercatori dicono che "ci sono prove che il deficit di contenuto cerebrale di glicoproteina-P, associato all'età, può essere coinvolto nella patogenesi dell'Alzheimer", suggerendo che qualsiasi composto che possa indurre l'espressione di P-glicoproteina potrebbe aiutare a prevenire la malattia. Nello studio, è stato dato un estratto di iperico (o erba di San Giovanni) con una concentrazione di iperforina al 5% per 60 o 120 giorni a topi maschi di tipo C57BL/6J-APP/PS1+/- di 30 giorni di età. Topi coetanei sono stati alimentati con una dieta senza integratori di estratto di iperico. I ricercatori hanno osservato che "i topi trattati con estratto di iperico hanno mostrato una significativa riduzione di accumulo di beta-amiloide 1-40 e 1-42 parenchimale, e aumenti moderati, ma statisticamente significativi, nell'espressione di P-glicoproteina cerebrovascolare"E concludono scrivendo che "l'induzione di glicoproteina-P cerebrovascolare può essere una nuova strategia terapeutica per proteggere il cervello dall'accumulo di beta-amiloide, e impedire in tal modo la progressione dell'Alzheimer".

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23701205

03-04-2014

Il fattore di rischio più importante per sviluppare il glaucoma è l'ipertensione intraoculare. L’abbassamento tempestivo della pressione intraoculare (IOP) riduce significativamente la probabilità di sviluppare glaucoma. Lo scopo di questo studio era quello di valutare gli effetti di un integratore alimentare a base di mirtilli e picnogenolo sulla pressione intraoculare. Allo studio hanno partecipato 38 persone, di cui 20 hanno ricevuto la somministrazione dell’integratore,  e gli altri 18 non sono stati trattati. L'acuità visiva, la pressione intraoculare, e il flusso ematico oculare sono stati misurati due, tre e sei mesi dopo aver iniziato il trattamento. Dopo due mesi di supplementazione, la pressione intraoculare media è diminuita da un valore basale di 25,2 mmHg a 22.2 mmHg. Dopo tre mesi di trattamento la pressione era diminuita ancora rispetto ai soggetti non trattati. Nessun ulteriore miglioramento è stato trovato dopo sei mesi di trattamento. Diciannove dei venti pazienti che assumevano l’integratore a base di mirtilli e picnogenolo hanno avuto una diminuzione della pressione intraoculare dopo tre mesi rispetto al gruppo non trattato. Dopo tre mesi di trattamento, anche il miglioramento del flusso ematico oculare è stato significativo rispetto al valore basale e al gruppo di controllo. I risultati di questo studio indicano che l’integratore a base di mirtilli e picnogenolo può rappresentare un intervento preventivo sicuro per ridurre il rischio di sviluppare glaucoma controllando sia la pressione intraoculare sia il flusso ematico oculare.

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18618008

 

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