Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

25-04-2024

L’Aneurisma dell’Aorta Addominale (AAA) è una dilatazione circoscritta dell’aorta che attraversa l’addome, in pratica un allargamento dell’arteria oltre i suoi limiti di calibro. Questo problema colpisce, secondo le statistiche attuali, il 4% degli uomini e l’1% delle donne dopo i 60-65 anni di età. In pratica, ogni 1000 uomini ultrasessantenni vi sono certamente nella popolazione 40 uomini con aneurisma aortico, e ogni 1000 donne ultrasessantenni vi sono certamente altrettante 10 donne che ne soffrono. Sappiamo, inoltre, che alcune categorie di persone sono più a rischio di altre: per esempio i diabetici, gli obesi, gli ipertesi, i fumatori, chi conduce vita sedentaria.
Quindi, cosa causa la rottura dell’aorta, delle dimensioni di un tubo da giardino, l’arteria più grande del corpo?
Essere un pò rigido in varie parti del nostro corpo è uno dei problemi dell’invecchiamento. Ma la rigidità arteriosa, nota come indurimento delle arterie, è particolarmente pericolosa quando accade all’aorta addominale. Una rottura improvvisa può causare la morte in pochi minuti. E gli studi dimostrano che circa il 5% degli uomini di età superiore ai 65 anni hanno un certo grado di AAA. Anche cinque volte più comune nei maschi rispetto alle femmine.
Sir William Osler, professore di medicina presso McGill, John’s Hopkins e Oxford University, ha osservato che “è bello nascere con una buona gomma”.
In effetti, avere arterie morbide, elastiche che si espandono e si contraggono ad ogni battito del cuore. Ma quando invecchiamo le arterie spesso diventano rigide, con conseguente ipertensione, infarto, ictus e rottura a causa di un aneurisma. La causa è la calcificazione arteriosa che può colpire l’aorta, le arterie coronarie e le valvole cardiache.
Per ridurre il rischio di calcificazione è importante bloccarne la penetrazione nelle arterie il prima possibile. Diversi studi dimostrano che le persone con una maggiore assunzione di vitamina K2-MK7 hanno meno rischi di calcificazione arteriosa. Ma il calcio è anche un minerale essenziale per sostenere la vita. Infatti, senza un calcio sufficiente non potremmo mantenere l’equilibrio elettrolitico necessario per il normale ritmo cardiaco. In un corpo sano, il 99% del calcio è immagazzinato nell’osso dove fornisce un supporto strutturale e la quantità di calcio consentita nel flusso sanguigno è strettamente controllata.
Il dottor Dennis Goodman, cardiologo e direttore della medicina integrativa presso la New York University, afferma che: “Ignorare la vitamina K2 è pericoloso. Pochi sono consapevoli di come la K2 aiuti la salute delle ossa, ma ancora meno sanno come aiuta la salute cardiovascolare.“
Il grande rischio è che una carenza di K2 aumenti la possibilità che il calcio venga depositato nell’aorta. Questi depositi di calcio indeboliscono il muro della parete aumentando il rischio di rottura e morte improvvisa.
Uno studio olandese condotto su 4.600 uomini di età pari o superiore a 55 anni ha dimostrato che un’elevata assunzione di vitamina K2 ha ridotto il rischio di calcificazione aortica di un sorprendente 52%. Dal momento che la K2 non è facile da ottenere nella dieta, sono disponibili vari integratori, che contengono k2, ma questa vitamina va associata alla vitamina D3, poiché tutti e due sono necessari per la salute delle ossa. Ciò che non è menzionato nella maggior parte degli studi è che anche la vitamina C rafforza il muro dell’aorta e le altre arterie. Questo aiuta a ridurre il rischio di rottura aortica, attacco coronarico e ictus.
I patologi hanno saputo per anni che le arterie sono morbide e flessibili nei giovani, ma con l’età, la calcificazione si verifica nei tessuti molli del corpo, in particolare le arterie. Quindi un segreto per la longevità è di mantenere il calcio nell’osso al suo posto, e fuori dall’aorta, dalle arterie coronarie e da quelli nel cervello dove può interrompere prematuramente la vita.
Se quindi non siete nati con una buona elasticità delle arterie, la vitamina K2 insieme alla vitamina D3, aggiungendo anche la vitamina C, è il modo per mantenere elastiche le arterie e di conseguenza aumentare la longevità.

 

17-03-2024

Per la serie “maledetti cinesi”, che se ne fregano dei ricchi premi e cotillon offerti dalle case farmaceutiche ai ricercatori occidentali, e tendono con preoccupante frequenza a pubblicare inconvenienti verità.
Ecco a voi un’altra relazione fra carenza di sale e aggravamento delle condizioni nei malati di Parkinson.

PIU’ SALE EQUIVALE A VITA PIU’ LUNGA E PIU’ SANA.

Mi rendo conto che anche in Italia, la terra dove il sale è stato così prezioso da essere dato come stipendio ai soldati dell’antica Roma (da cui deriva il termine salario), tanti sono rimasti vittime della propaganda medica che demonizza sale, colesterolo, luce solare ed in generale tutte le cose che invece ci fanno stare in salute. Il fatto è che non solo il sale non è legato all’ipertensione o alle malattie cardiovascolari, ma più sale nella dieta è associato ad una migliore aspettativa di vita e ad una più bassa mortalità per tutte le cause.
Questa ricerca fatta analizzando i dati da 181 Paesi, conclude che “l’osservazione che l’assunzione di sodio sia correlata positivamente con l’aspettativa di vita e inversamente con la mortalità per tutte le cause in tutto il mondo e nei Paesi ad alto reddito, ci porta ad escludere che l’assunzione di sodio con la dieta sia responsabile della riduzione della durata della vita o un fattore di rischio per la morte prematura”.
In poche parole, chi mangia più sale ha una maggiore aspettativa di vita ed una minore mortalità, non solo per le malattie cardiovascolari ma per tutte le cause di morte. Il grafico qui sotto non potrebbe essere più chiaro, e mostra come i livelli raccomandati da OMS, American Heart Association ed European Society of Cardiology sono letteralmente criminali, e sono associati con il numero maggiore di morti.
La mia vicina di casa mi ha appena detto di aver parlato con un’amica con ipertensione, trovata con sodio così basso da rischiare la morte.
Due cose:

1. Se hai la pressione alta, ed il medico delinquente ti fa levare il sale, ma la pressione non si abbassa, non ti viene un dubbio che ti stanno fregando?

2. Il medico le ha prescritto un farmaco a base di sodio…va bene essere cretini, ma questo è approfittarsene.

Purtroppo questa è una situazione normale, non è un’eccezione.

 

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29299386/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33351135/

 

 

05-01-2024

L'incenso, insieme all'oro e alla mirra, è uno dei regali di Natale più famosi della storia ed è una resina vegetale profumata estratta dall'albero Boswellia serrata che si trova in Africa e Arabia. Utilizzando il composto AKBA (acido acetil-11-cheto-beta-boswellico) derivato dalla resina, la ricerca ha dimostrato con successo la sua potenziale efficacia nel colpire il cancro ovarico. Più specificamente, sono stati in grado di dimostrare la capacità dell’AKBA di combattere le cellule tumorali nel cancro ovarico in stadio avanzato. La ricercatrice capo Kamla Al-Salmani, dottoranda del Dipartimento di Studi sul Cancro e Medicina Molecolare dell'Università, ha spiegato: "Dopo un anno di studio in vitro del composto AKBA con linee cellulari di cancro ovarico, siamo stati in grado di dimostrare che è efficace nell'uccidere le cellule tumorali. L'incenso viene assunto da molte persone senza effetti collaterali noti. Questa scoperta ha un enorme potenziale per essere portato in futuro in una sperimentazione clinica e sviluppato in un trattamento aggiuntivo per il cancro ovarico." L'incenso è stato utilizzato come medicina popolare per secoli grazie alle sue proprietà antinfiammatorie, che lo rendono un valido trattamento per l'asma, le malattie della pelle e la gastroenterite, tra gli altri. Precedenti studi hanno anche collegato con successo l’AKBA come potenziale trattamento per molti altri tumori, tra cui il cancro del colon, della mammella e della prostata; tuttavia questo è il primo studio a dimostrare il suo potenziale nella lotta al cancro ovarico. I ricercatori hanno dimostrato che questo composto è efficace nell’uccidere le cellule tumorali ovariche a concentrazioni realistiche. Ciò che è stato più sorprendente è che le cellule resistenti alla chemioterapia hanno dimostrato di essere più sensibili a questo composto, suggerendo che l’incenso potrebbe effettivamente essere in grado di aiutare a superare la resistenza ai farmaci e portare a un migliore tasso di sopravvivenza per i pazienti con cancro ovarico in stadio avanzato.

 

https://www.universityherald.com/articles/6350/20131220/frankincense-christmas-gift-ovarian-cancer-cells-leicester-university-gum.htm

10-12-2023

Ancora una volta la scienza ha dimostrato che la migliore ricetta per la salute è una mela al giorno. I ricercatori dell’Università di Oxford affermano che mangiare una mela ogni giorno equivale ai benefici vascolari dei moderni farmaci statinici senza gli effetti collaterali dannosi. In uno studio pubblicato sul British Medical Journal, i ricercatori hanno costruito un modello teorico degli effetti della prescrizione di una statina o di una mela al giorno a tutti gli adulti nel Regno Unito di età superiore ai 50 anni. Hanno scoperto che prescrivere una mela al giorno preverrebbe o ritarderebbe circa 8.500 morti vascolari come infarti e ictus ogni anno nel Regno Unito. Questi risultati erano leggermente inferiori ma molto simili ai risultati previsti sulla prescrizione di statine a tutti gli over 50. Ma se si considerano gli effetti collaterali delle statine, le mele sono il grande vincitore. La terapia con statine si basa sulla convinzione errata che abbassare il colesterolo salvi la vita. Non è così. La metà delle persone che muoiono per infarto o ictus hanno livelli di colesterolo bassi o normali. I ricercatori dell’Università di Oxford hanno calcolato che offrire una statina al giorno a tutti gli over 50 nel Regno Unito ridurrebbe le morti vascolari di 9.400 mentre mangiare una mela eviterebbe 8.500 morti. Tuttavia, gli effetti collaterali delle statine produrrebbero un’epidemia di altri problemi di salute. Oltre 300 problemi di salute sono già stati collegati alle statine. I ricercatori avevano previsto che le statine avrebbero portato a 1.200 casi in eccesso di miopatia (debolezza muscolare), 200 casi di rabdomiolisi (rapida rottura del tessuto muscolare) e l’incredibile cifra di 12.300 diagnosi di diabete di tipo 2 causato dalle statine. I ricercatori non sono riusciti a pensare ad alcun effetto collaterale delle mele oltre al disagio causato da una mela ammaccata o al rischio teorico di identificare mezzo verme al suo interno. Una ricerca precedente della Ohio State University ha scoperto che mangiare una mela ogni giorno per sole quattro settimane può abbassare i livelli ematici di colesterolo ossidato LDL (“cattivo”) – del 40% nelle persone sane di mezza età. E uno studio olandese su oltre 20.000 persone ha dimostrato che mangiare molte mele e altri frutti a polpa bianca può ridurre il rischio di ictus del 52%. Ogni aumento di 25 grammi al giorno nel consumo di frutta bianca e verdura era associato a un rischio di ictus inferiore del 9%. In effetti, le mele sono uno dei supercibi più curativi al mondo. Tutti ottimi motivi per godersi una mela e rinunciare alla statina.

10-12-2023

Tutti corrono il rischio di fratturarsi un osso a causa di una caduta, di un'attività sportiva o di un incidente stradale ed è ancora più probabile che ciò accada alle persone che soffrono di osteoporosi. Le fratture ossee sono una delle lesioni più dolorose e richiedono un lungo tempo di recupero. La frattura ossea più comune, soprattutto negli adulti e nei bambini attivi, è una gamba rotta e spesso comporta una frattura della tibia. Il tempo normale per la guarigione di una frattura tibiale è compreso tra 12 e 16 settimane. Una percezione comune è che la vitamina D e il calcio siano gli unici nutrienti necessari per la salute delle ossa o che aiutino nel processo di guarigione delle fratture. Ciò però non tiene conto del fatto che la struttura dell’osso su cui si depositano il calcio e altri minerali è costituita da collagene. Senza collagene sano, l’osso non può formarsi e funzionare correttamente. La formazione di ossa sane dipende non solo da quantità sufficienti di calcio e vitamina D, ma soprattutto da un adeguato apporto di vitamina C, aminoacidi lisina e prolina e altri micronutrienti che supportano il collagene. Poiché il corpo umano non è in grado di produrre internamente vitamina C e lisina, è molto probabile la carenza di questi nutrienti essenziali e può essere ulteriormente ridotta dallo stress associato a una frattura ossea. In uno studio clinico randomizzato in doppio cieco controllato con placebo che ha coinvolto 131 pazienti con frattura della diafisi tibiale, è stato valutato l'effetto dell'integrazione con micronutrienti per la costruzione del collagene sul tempo di guarigione della frattura. L'età dei partecipanti allo studio variava dai 15 ai 75 anni. È stato osservato che il gruppo di pazienti che assumevano micronutrienti essenziali contenenti vitamina C, lisina, prolina e vitamina B6 ha sperimentato una guarigione delle fratture più rapida. Le loro fratture sono guarite in 14 settimane, mentre ci sono volute 3 settimane in più perché i pazienti che assumevano il placebo (pillola di zucchero) sperimentassero una guarigione simile. Inoltre, in circa il 25% dei pazienti del gruppo che ha ricevuto l'integrazione, le fratture ossee sono guarite già in 10 settimane, mentre ciò è stato notato solo nel 14% dei pazienti del gruppo di controllo. I pazienti del gruppo che ha ricevuto l'integrazione hanno riportato anche miglioramenti nella sensazione generale di benessere. Questo studio dimostra che un fattore spesso mancante nella salute delle ossa – il collagene sano – svolge un ruolo importante nella guarigione ottimale delle fratture ossee. Una semplice integrazione con micronutrienti specifici potrebbe ridurre notevolmente i tempi di guarigione e la sofferenza dei pazienti, oltre a diminuire l’onere economico sulle famiglie dei pazienti e sul sistema sanitario.

Domenica, 10 Dicembre 2023 09:08

9 BENEFICI PER LA SALUTE DELL’AGLIO.

10-12-2023

Da secoli le civiltà di tutto il mondo apprezzano l’aglio per i suoi usi culinari e medicinali. Si trovano riferimenti in antichi testi medici provenienti da Egitto, Grecia, Cina, India e Roma. Ippocrate, considerato il padre della medicina, lo prescriveva per le escrescenze addominali e uterine, per i problemi polmonari e come detergente. In Grecia, i primi atleti olimpici consumavano l'aglio, rendendolo uno dei primi agenti "potenziatori" conosciuti, e l'aglio veniva dato anche ai lavoratori per aumentare la forza. Anche se spesso descritto come un'erba o una spezia, l'aglio è in realtà un ortaggio che appartiene alla famiglia dei gigli. La ricerca mostra che questo alimento offre numerosi benefici per la salute, tra cui proprietà antimicrobiche, antitumorali e antinfiammatorie, che lo rendono una saggia aggiunta alla tua dieta regolare.

9 MOTIVI PER MANGIARE PIU’ AGLIO

L’aglio è ricco di composti bioattivi che promuovono la salute, come solfuri organici, saponine, composti fenolici e polisaccaridi. Contiene inoltre alti livelli di potassio, fosforo e zinco, insieme ad enzimi e composti contenenti zolfo tra cui alliina, allicina, ajoene e allilpropil disolfuro. Sebbene nell’aglio intatto siano presenti composti bioattivi, ne vengono creati ancora di più, inclusa l’allicina, a causa delle reazioni chimiche quando l’aglio viene tritato o schiacciato. Se includi questo alimento nella tua dieta, sotto forma di integratore o in forma culinaria, potresti godere di numerosi effetti benefici.

1. Aumenta l'apporto di antiossidanti: L'aglio è un potente antiossidante che può aiutare a combattere le specie reattive dell'ossigeno (ROS) nel corpo. In uno studio, l’estratto di aglio invecchiato ha ridotto i ROS, aiutando a prevenire la disfunzione endoteliale, che è un segno di aterosclerosi precoce. Gli spicchi d’aglio hanno anche portato a una maggiore attività antiossidante nelle persone con diabete, mentre l’estratto di aglio – 400 milligrammi al giorno per tre mesi – ha anche aumentato lo stato antiossidante negli adulti obesi, riducendo i rischi cardiovascolari e migliorando la proteina C-reattiva (PCR) e i livelli di colesterolo e trigliceridi.

2. Riduce l'infiammazione: Anche gli effetti antinfiammatori dell'aglio sono ben noti. L’aglio invecchiato, in particolare, contiene composti che modulano la produzione di citochine, coinvolte nel sistema immunitario e nelle risposte infiammatorie. La ricerca supporta anche l'uso dell'estratto di aglio invecchiato (AGE) per migliorare la memoria di riconoscimento a breve termine e alleviare la neuroinfiammazione negli animali con malattia simile all'Alzheimer. Lo studio ha utilizzato aglio fresco invecchiato per creare l'estratto e produrre composti organosulfurei come la S-allil cisteina (SAC), che si trova in quantità molto maggiori nell'aglio invecchiato e nell'aglio nero fermentato rispetto all'aglio crudo. L’aglio diminuisce anche i biomarcatori infiammatori negli adulti con malattia renale allo stadio terminale, comprese riduzioni significative delle citochine infiammatorie come l’interleuchina 6 e la PCR.

3. Riduce il rischio di cancro: L'aglio ha una serie di effetti antitumorali, tra cui proprietà di eliminazione dei radicali liberi e la diminuzione della proliferazione cellulare e della crescita del tumore. L'aglio può ridurre il rischio di cancro del colon-retto, con una meta-analisi che ha rilevato che un elevato consumo di aglio crudo e cotto è protettivo contro il cancro sia dello stomaco che del colon-retto. I composti organosolfurei presenti nell'aglio inibiscono ulteriormente la formazione di addotti del DNA, o segmenti di DNA legati a sostanze chimiche potenzialmente cancerogene. I composti organosulfurei hanno anche dimostrato attività contro la proliferazione cellulare nei tumori che può essere mediata dall'avvio dell'apoptosi. Altre ricerche hanno rivelato che il consumo di 5 grammi di aglio crudo e schiacciato al giorno per 10 giorni ha alterato l’espressione genetica. Anche un pasto contenente aglio crudo tritato ha attivato l’espressione di sette geni in un modo che ha contribuito a inibire la tumorigenesi. Altre ricerche hanno scoperto che le persone che mangiavano più aglio avevano un rischio ridotto del 54% di cancro al pancreas rispetto a coloro che ne mangiavano meno. Secondo il Memorial Sloan Kettering Cancer Center: "L'aglio può stimolare sia l'immunità umorale che quella cellulare, causando la proliferazione delle cellule T, ripristinando le risposte anticorpali soppresse e stimolando la citotossicità dei macrofagi sulle cellule tumorali. Può aumentare l’assorbimento del selenio con possibile protezione contro la tumorigenesi. Inoltre, l’aglio può proteggere contro alcuni tumori arrestando la progressione del ciclo cellulare e inducendo l’apoptosi delle cellule tumorali, nonché diminuendo l’angiogenesi e influenzando il metabolismo degli agenti cancerogeni”.

4. Proprietà antifungine e antibatteriche: L'aglio inibisce la crescita di malattie fungine, probabilmente a causa dell'allicina, che agisce come fungicida contro molti lieviti e funghi, tra cui Candida albicans, Cryptococcus trichophyton, Histoplasma capsulatum e Cryptococcus neoformans. L'aglio ha anche potenti proprietà antibatteriche ed è in grado di inibire la crescita di batteri sia gram-positivi che gram-negativi, come: Stafilococco, Streptococco, Micrococco, Enterobatteri, Escherichia coli, Klebsiella, Lattobacilli, Pseudomonas, Shigella, Salmonella, Helicobacter pylori.

5. Protegge la salute del tuo cuore: Le proprietà terapeutiche dell'aglio possono agire in sinergia per sostenere la salute del cuore e proteggere da eventi legati al cuore come l'infarto. L’integrazione di AGE può aumentare la microcircolazione, aiutando a prevenire il processo aterosclerotico, mentre un preparato a base di erbe e aglio ha bloccato la progressione dell’aterosclerosi di 1,5 volte nelle donne in postmenopausa, con un beneficio che dura per 12 mesi. Inoltre, secondo una recensione pubblicata sulla rivista Antioxidants: "Sulla base delle ricerche attuali, l'aglio può ridurre significativamente il rischio di aterosclerosi, ipertensione, diabete, iperlipidemia, infarto miocardico e ictus ischemico, grazie agli effetti sinergici dei suoi componenti nutrizionali e fitochimici. Ad esempio, l’aterosclerosi e l’infiammazione vascolare sono solitamente accompagnate da stress ossidativo, disfunzione endoteliale e citochine infiammatorie. Da un approccio dietetico, l’aglio ha un potenziale ruolo nella prevenzione e nel trattamento dell’aterosclerosi e dell’infarto del miocardio”.

6. Abbassa la pressione sanguigna: Tra gli effetti protettivi dell'aglio c'è la capacità di abbassare i livelli di pressione sanguigna. L'aglio nero invecchiato (ABG), che contiene più antiossidanti dell'aglio crudo, può essere particolarmente utile. Uno studio ha analizzato l’impatto dell’assunzione giornaliera di estratto ABG con SAC sui fattori di rischio cardiovascolare in 67 persone. I partecipanti hanno consumato 250 mg al giorno di una combinazione di SAC/AGE o di un placebo per sei settimane. Alla fine dello studio, i ricercatori hanno scoperto che alcuni biomarcatori di rischio di malattie cardiovascolari erano ridotti nei soggetti che assumevano l’estratto ABG. Ciò includeva una riduzione della pressione arteriosa diastolica di 5,85 mmHg rispetto a quelli che assumevano il placebo, soprattutto negli uomini con pressione arteriosa diastolica superiore a 75 mmHg.

7. Minor rischio di sindrome metabolica: Consumare aglio crudo e schiacciato – 100 mg due volte al giorno per quattro settimane – ha portato a una diminuzione del rischio di diversi fattori di rischio per la sindrome metabolica, tra cui ipertensione, livelli di trigliceridi e glicemia a digiuno. Con proprietà antidiabetiche, antilipidiche e antiossidanti, l’aglio è particolarmente adatto a scongiurare molti dei fattori sottostanti che contribuiscono alla sindrome metabolica. Tra le persone con diabete di tipo 2, ad esempio, il consumo quotidiano di uno spicchio d’aglio per 30 giorni ha ridotto il metabolismo del glucosio, del colesterolo e dei lipidi nel sangue, mentre altre ricerche hanno dimostrato che l’aglio quotidiano ha anche aumentato il colesterolo HDL benefico. L’estratto di aglio invecchiato, alla dose di 1,2 grammi al giorno per 24 settimane, è stato anche protettivo contro la sindrome metabolica, poiché ha aumentato i livelli di adiponectina, un ormone nel tessuto adiposo che aiuta a regolare la sensibilità all’insulina e l’infiammazione.

8. Effetti antidiabetici: L'aglio ha anche effetti antidiabetici grazie alle sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. L'assunzione di aglio è benefica per il profilo lipidico e i parametri glicemici nelle persone con diabete di tipo 2. In uno studio, il consumo di un preparato a base di erbe che conteneva aglio, alla dose di 750 mg tre volte al giorno per 12 settimane, ha ridotto i livelli di glucosio a digiuno, aiutando nella gestione del diabete.

9. Protegge le tue ossa, la tua pelle e altri benefici: L'aglio può svolgere un ruolo importante nella salute delle ossa, aiutando ad alleviare i sintomi dell'osteoartrosi del ginocchio e riducendo l'osteoporosi nelle donne in postmenopausa. È anche protettivo per la pelle e può apportare benefici a verruche, stomatiti da protesi, ulcere venose e ferite della pelle.

Tra i pazienti ospedalizzati nei reparti di terapia intensiva, le compresse di aglio possono aiutare a prevenire le infezioni del tratto urinario e la setticemia, mentre l’aglio è benefico anche per le malattie gastriche. Il consumo frequente di aglio crudo è anche associato a un minor rischio di steatosi epatica non alcolica.

 

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0022316622147760

https://www.nccih.nih.gov/health/garlic

https://www.jbc.org/article/S0021-9258(17)49202-7/fulltext

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7402177/

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5295068/

https://link.springer.com/article/10.1007/s00394-023-03110-2#Abs1

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/11010950/

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3731019/

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8739926/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26775954/

https://www.mdpi.com/2072-6643/14/3/405

26-11-2023

L'artrite reumatoide (RA) è una malattia autoimmune che colpisce più di 400 mila persone solo in Italia. È caratterizzato da infiammazione cronica e colpisce le ossa, la cartilagine e i tessuti connettivi delle articolazioni. L'infiammazione da artrite reumatoide si verifica quando il sistema immunitario scambia le articolazioni per un invasore ostile. Attacca le articolazioni provocando la distruzione della cartilagine, dei tessuti e delle ossa. Il risultato è una perdita paralizzante di mobilità e funzionalità. Ma l’AR può attaccare anche all’esterno delle articolazioni. Si stima che circa il 15-25% dei pazienti con artrite reumatoide soffra di questa forma "extra-articolare" di artrite reumatoide. Questa forma di artrite reumatoide può manifestarsi come pericardite, pleurite, infiammazione dei vasi sanguigni, patologie oculari e infezioni renali. Alla fine può portare alla morte.
Il trattamento medico standard per l’artrite reumatoide comprende antidolorifici e farmaci antinfiammatori per sopprimere i sintomi. I trattamenti farmacologici mirano al processo infiammatorio riducendo la reazione infiammatoria del corpo. In alcuni casi vengono utilizzati steroidi e persino farmaci chemioterapici come il metotrexato. E anche con la terapia farmacologica, un numero significativo di pazienti presenta ancora un’attività della malattia persistente e invalidante. Fortunatamente numerose terapie naturali sono sicure ed efficaci nel trattamento dell’artrite reumatoide, inclusa la rimozione dalla dieta dei cereali contenenti glutine e degli alimenti appartenenti alla famiglia delle Solanacee (patate, pomodori, melanzane e peperoni).

1. PROBIOTICI

I pazienti con artrite reumatoide presentano cambiamenti distintivi nel microbioma intestinale e orale. Uno studio cinese ha prelevato campioni fecali, dentali e salivari da pazienti affetti da artrite reumatoide e da controlli sani. I ricercatori hanno riscontrato differenze specifiche nei microbiomi dei pazienti con artrite reumatoide rispetto ai controlli. Ad esempio, i livelli del batterio Haemophilus spp nei pazienti con artrite reumatoide erano bassi mentre il Lactobacillus salivarius era alto. Hanno anche scoperto che il microbioma dei pazienti con artrite reumatoide aveva un’alterata capacità di metabolizzare ferro, zolfo, zinco e arginina.
Uno studio pilota clinico randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, con disegno parallelo, ha dimostrato che i probiotici possono aiutare i pazienti con artrite reumatoide. Per sei settimane, i ricercatori hanno somministrato a 45 pazienti con artrite reumatoide un probiotico di batteri produttori di acido lattico (LAB) o un placebo, in aggiunta ai loro farmaci regolari. Il probiotico utilizzato era Bacillus coagulans GBI-30, 6086, un ceppo LAB in grado di resistere al basso pH dell'acido dello stomaco. I pazienti che hanno ricevuto il probiotico sono stati in grado di camminare per due miglia, raggiungere e partecipare alle attività quotidiane. Rispetto al placebo, avevano miglioramenti nei punteggi del dolore, meno disabilità e una riduzione della proteina C-reattiva. La proteina C-reattiva (PCR) è una proteina prodotta dal fegato. I livelli di PCR nel sangue aumentano in risposta all’infiammazione e diminuiscono quando l’infiammazione diminuisce.

2. OLI ESSENZIALI

In uno studio coreano su 40 pazienti affetti da artrite reumatoide, i ricercatori hanno fornito ai pazienti una miscela di oli essenziali. La miscela era composta da lavanda, maggiorana, eucalipto, rosmarino e menta piperita in proporzioni di 2:1:2:1:1. Sono stati miscelati con un olio vettore composto da oli di mandorle (45%), albicocca (45%) e jojoba (10%) diluiti all'1,5% dopo la miscelazione. La miscela di oli essenziali ha ridotto significativamente sia il punteggio del dolore che quello della depressione del gruppo trattato con oli rispetto al gruppo di controllo.
Un altro studio randomizzato, in doppio cieco su 49 pazienti con artrite reumatoide ha testato se l’olio di enotera (EPO) potesse sostituire i farmaci FANS per il dolore e l’infiammazione. I pazienti hanno ricevuto una capsula contenente EPO, oppure EPO più olio di pesce, oppure un placebo. Dopo 12 mesi i gruppi che hanno ricevuto olio di enotera da solo o con olio di pesce hanno riscontrato un significativo miglioramento soggettivo delle loro condizioni. Hanno anche ridotto significativamente l’uso dei FANS. E una combinazione di verbena odorosa e grassi omega-3 ha dimostrato di ridurre le misure di disfunzione articolare e dolore del 53% e del 78%.

3. VITAMINA D

Una carenza di vitamina D è stata collegata all’artrite reumatoide. In uno studio polacco su 97 pazienti con artrite reumatoide, il 76,3% è risultato carente di vitamina D. I ricercatori hanno anche collegato la carenza di vitamina D a una maggiore attività della malattia di artrite reumatoide e a una peggiore qualità della vita. Ma l’integrazione con vitamina D può migliorare l’artrite reumatoide. In uno studio condotto in India, a 73 pazienti con artrite reumatoide con bassi livelli di vitamina D (inferiori a 20 ng/ml) sono stati somministrati 60.000 UI a settimana di vitamina D per sei settimane seguiti da 60.000 UI al mese per un totale di tre mesi. In media, i livelli sierici di vitamina D del gruppo sono migliorati da circa 10 ng/ml a circa 57 pazienti. I ricercatori hanno scoperto che l’integrazione con vitamina D ha contribuito a un miglioramento significativo dell’attività della malattia in un breve periodo di tempo.
La vitamina D può ridurre il tasso di recidiva dell’artrite reumatoide. In uno studio su 377 pazienti con artrite reumatoide, quelli con bassi livelli sono stati assegnati in modo casuale a ricevere o meno vitamina D. Dopo 24 mesi il gruppo che assumeva vitamina D aveva un tasso di recidiva solo del 19% rispetto al 29,5% del gruppo che non assumeva vitamina D.

4. DIETA

Una teoria suggerisce che l’artrite reumatoide possa essere una reazione agli antigeni alimentari e che il processo patologico inizi nell’intestino. Gli studi sulla dieta sembrano supportarlo. È stato dimostrato che l’esclusione di carne, latticini e cereali dalla dieta migliora i sintomi dell’artrite reumatoide. Lo stesso vale per la riduzione delle proteine alimentari nell’ambito di una dieta di eliminazione o durante il digiuno. In effetti, una dieta elementare di due settimane ha dimostrato di essere efficace quanto un ciclo di prednisone per l'artrite reumatoide, senza effetti collaterali. Una dieta elementare contiene aminoacidi (non proteine intere), mono e disaccaridi e trigliceridi a catena media e lunga, integrati con vitamine e oligoelementi.
Uno studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition ha riscontrato che anche le diete vegetariane sono benefiche. I ricercatori hanno sottoposto 27 pazienti affetti da artrite reumatoide a un digiuno da 7 a 10 giorni, seguito da una dieta vegana senza glutine per 3,5 mesi e infine da una dieta latto-vegetariana per nove mesi. Rispetto a 26 controlli, i pazienti a dieta sono migliorati significativamente anche un anno dopo lo studio. I ricercatori hanno notato che i cambiamenti nella flora fecale erano collegati a miglioramenti della condizione.

5. TERAPIA CON VELENO D’API

Uno studio cinese su 100 pazienti ha scoperto che la terapia con veleno d’api allevia i sintomi, riduce i farmaci e previene il ripetersi dell’artrite reumatoide. I ricercatori hanno trattato 100 pazienti con artrite reumatoide con metotrexato, sulfasalazina e meloxicam. La metà dei pazienti è stata trattata anche con veleno di puntura d'ape in determinati punti di agopuntura a giorni alterni. Dopo tre mesi, entrambi i gruppi hanno migliorato significativamente i loro punteggi per gonfiore articolare, attività articolare, dolore e dolore pressante, forza di presa, durata della camminata di 15 minuti e rigidità mattutina. Ma rispetto al gruppo trattato con soli farmaci, il gruppo trattato con veleno d’api ha ottenuto punteggi significativamente migliori per gonfiore articolare, dolore e dolore pressante, forza di presa e rigidità mattutina. Il gruppo del veleno d’api è stato anche in grado di ridurre significativamente le dosi di metotrexato e meloxicam. Inoltre, il tasso di recidiva del gruppo trattato con veleno d’api è stato solo del 12% rispetto al 32% del gruppo trattato solo con farmaci.

6. OLIO DI PESCE

Ricercatori tedeschi in uno studio pilota hanno scoperto che l'olio di fegato di merluzzo è efficace nel trattamento dell'artrite reumatoide. Hanno somministrato a 43 pazienti con artrite reumatoide un grammo di olio di fegato di merluzzo ogni giorno. Dopo tre mesi i pazienti avevano una diminuzione del 52,4% della rigidità mattutina; riduzione del dolore articolare del 42,7%; diminuzione del 40% delle articolazioni gonfie e una riduzione del 67,5% dell’intensità del dolore. E il 68% dei pazienti ha valutato l'efficacia dell'olio di fegato di merluzzo come buona o molto buona.
In uno studio britannico l'olio di fegato di merluzzo ha ridotto la necessità di farmaci antidolorifici. Ad un gruppo di pazienti con artrite reumatoide sono stati somministrati 10 grammi di olio di fegato di merluzzo o un placebo ogni giorno. Alla fine dei nove mesi, il 39% dei partecipanti al gruppo trattato con olio di fegato di merluzzo è stato in grado di ridurre i farmaci FANS di oltre il 30%. Solo il 10% del gruppo placebo è riuscito a ridurre così tanto gli antidolorifici.
Anche l'olio di pesce normale è efficace. Ricercatori scozzesi hanno somministrato a 64 pazienti con artrite reumatoide una combinazione giornaliera di acido eicosapentaenoico (EPA) e acido docosaesaenoico (DHA) o un placebo per 12 mesi. Il gruppo che assumeva olio di pesce ha ridotto l’uso di FANS del 59% rispetto al 16% del gruppo placebo.

7. MELOGRANO

In uno studio pilota di 12 settimane, otto pazienti con artrite reumatoide hanno bevuto 10 ml di succo di melograno ogni giorno. Il succo di melograno ha ridotto il numero di articolazioni dolenti del 62% e l’attività complessiva della malattia del 17%.

8. CURCUMINA

La curcumina si è dimostrata superiore a un farmaco standard per l’artrite reumatoide. In uno studio indiano 45 pazienti affetti da AR sono stati divisi in tre gruppi. Un gruppo ha assunto 500 mg di curcumina al giorno; un secondo ha assunto 50 mg di diclofenac (un FANS); e un terzo li prese entrambi. Il gruppo che assumeva solo curcumina ha avuto il miglioramento percentuale più elevato nei punteggi che misuravano l’attività della malattia, la dolorabilità e il gonfiore delle articolazioni. I punteggi erano significativamente migliori rispetto al gruppo trattato con il farmaco. I ricercatori hanno anche scoperto che la curcumina era sicura e non era correlata ad alcun evento avverso.

9. VITE DEL DIO DEL TUONO

Uno studio randomizzato ha confrontato la tradizionale medicina erboristica cinese vite del dio del tuono (TGV) con un farmaco contro l'artrite reumatoide. La vite del dio del tuono si è rivelata significativamente più efficace del metotrexato nel trattamento dell'artrite reumatoide. I ricercatori di Pechino hanno reclutato 207 pazienti affetti da artrite reumatoide. I soggetti hanno ricevuto pillole TGV da 20 mg tre volte al giorno, o metotrexato, o entrambi. Dopo 6 mesi, il 55,1% dei pazienti con TGV ha ottenuto un miglioramento della propria condizione del 50% rispetto a solo il 46,4% del gruppo metotrexato. Il gruppo combinato ha fatto ancora meglio, con il 76,8% di loro che ha migliorato del 50%.

10. ESERCIZIO

Altre terapie che hanno dimostrato di ridurre il dolore e la rigidità dell'artrite reumatoide includono il Tai Chi e lo yoga.

 

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26-11-2023

La storia dell'avena è una classica storia dalle stalle alle stelle, se mai potesse essere applicata al cibo. Un tempo considerata un alimento accettabile solo per il bestiame, oggi l’avena è considerata uno degli alimenti più salutari del pianeta. Apprezzato da chi è attento al peso come opzione di pasto saziante e ipocalorico e approvato da chi segue una dieta a basso contenuto di carboidrati grazie a un profilo a basso indice glicemico e a combustione lenta. L'avena è una fonte di carboidrati complessi ad alto contenuto energetico e a basso contenuto di grassi, che fornisce ore di energia costante senza picchi o crolli di zucchero nel sangue. L'avena è a basso contenuto calorico, facile da preparare e molto versatile, poiché può contenere una vasta gamma di condimenti come frutta, noci, semi e miele o sciroppo d'acero. L'avena e la semola (il chicco intero senza la buccia) sono sempre integrali al 100%, con germe, endosperma e crusca ricca di sostanze nutritive intatti. Indipendentemente dalla varietà che scegli, l'alto contenuto di fibre solubili dell'avena mantiene costante la tua energia e fornisce un soddisfacente senso di pienezza. L'avena è un'ottima fonte di importanti vitamine e minerali, tra cui calcio, zinco, ferro, manganese, tiamina, vitamine del gruppo B, vitamina E e acido folico, essenziali per un sano sviluppo del feto. E se questi non sono motivi sufficienti per fare dell'avena la tua nuova colazione preferita, ecco alcuni benefici per la salute più potenti derivanti dal consumo di avena che dovresti conoscere!

MIGLIORA I PROFILI LIPIDICI DEL SANGUE (COLESTEROLO)

Anche se non crediamo che le attuali linee guida per abbassare il colesterolo affrontino le cause profonde delle malattie cardiache, trovare alternative naturali alle statine, la cui tossicità è profondamente sottostimata, può avere conseguenze salvavita. Pertanto, gli approcci basati sul cibo sono più che mai necessari. L’avena è stata accettata in tutto il mondo dalle agenzie di standardizzazione alimentare come avente un effetto di abbassamento del colesterolo se inclusa regolarmente nella dieta. In parte a causa di questa maggiore consapevolezza, nel 2014, un gruppo di ricercatori internazionali ha cercato di aggiornare la precedente meta-analisi con nuove scoperte sulle azioni dell'avena sul miglioramento dei profili lipidici nel sangue. Gran parte di questa ricerca si è concentrata su un isolato presente nell’avena chiamato beta-glucano, polisaccaridi idrosolubili derivati dall’endosperma dei chicchi di avena, noti per le loro proprietà di abbassamento del colesterolo e dello zucchero nel sangue. Dopo una revisione di 28 studi randomizzati e controllati, i ricercatori hanno concluso che i soggetti che consumavano un minimo di 3 grammi al giorno di beta-glucano dell'avena sperimentavano una riduzione delle lipoproteine a bassa densità (LDL) e del colesterolo totale, rispetto ai soggetti di controllo. I soggetti con il colesterolo LDL più alto prima dello studio hanno sperimentato le maggiori riduzioni, indicando un effetto normalizzante. Altri studi confermano questi risultati.
Altri cereali non hanno lo stesso effetto sui profili lipidici del sangue osservato nell’avena. Nel 2002, i cereali di grano, resi popolari come equivalenti della farina d'avena, sono stati testati contro la farina d'avena per gli effetti sul colesterolo negli uomini di mezza età e anziani. In questo studio, 36 uomini in sovrappeso di età compresa tra 50 e 75 anni sono stati assegnati in modo casuale a consumare cereali di grano o avena per 12 settimane. Entrambi i cereali fornivano la stessa quantità (14 grammi) di fibre alimentari. Sono stati misurati i livelli basali di lipidi nel sangue e la sensibilità all’insulina dell’intero corpo è stata spesso campionata tramite test di tolleranza al glucosio per via endovenosa. I ricercatori hanno concluso che, rispetto ai cereali di grano, l’avena produce concentrazioni inferiori di colesterolo LDL senza produrre cambiamenti avversi nelle concentrazioni di colesterolo HDL nel sangue. Non c’è stato alcun impatto sulla glicemia, spingendo i ricercatori a dichiarare che l’avena può essere potenzialmente cardioprotettiva e sicura per le persone con sensibilità allo zucchero nel sangue, due ipotesi che sono significativamente supportate dalla seguente ricerca clinica.

BUONO PER LA SALUTE DEL CUORE

I polifenoli sono micronutrienti presenti negli alimenti a base vegetale che sono responsabili di conferire molti benefici alla salute quando consumati, incluso il rafforzamento della resistenza a una serie di malattie degenerative come il cancro e le malattie cardiovascolari. L’entità del beneficio che otteniamo dipende in gran parte dalla quantità e dalla qualità dei polifenoli consumati. Uno studio del 2006 sui polifenoli dell’avena ha confermato precedenti risultati scientifici secondo cui l’avena può offrire ulteriori benefici per il cuore oltre al semplice abbassamento del colesterolo. In questo studio, un polifenolo specifico dell’avena chiamato avenantramide-c, ha dimostrato di inibire la proliferazione delle cellule muscolari lisce vascolari, un fattore importante nell’inizio e nella progressione dell’aterosclerosi.
Ulteriori benefici per la salute del cuore sono stati osservati in uno studio sugli effetti della crusca d’avena sui profili lipidici del sangue in pazienti con un aumentato rischio di malattia coronarica. Nello studio, 235 uomini in sovrappeso con colesterolo alto sono stati organizzati in tre gruppi: un gruppo di controllo e due gruppi di prova. Entrambi i gruppi di prova sono stati sottoposti a una dieta modificata a basso contenuto di grassi, a uno dei quali sono stati forniti anche 35-50 grammi di crusca d'avena ogni giorno. Le diminuzioni più significative del colesterolo totale, del colesterolo lipoproteico a bassa densità e dell’apolipoproteina B sono state riscontrate nel gruppo che riceveva alimenti arricchiti con crusca d’avena. I benefici dell'avena per il cuore sono stati riscontrati anche nel cervello. Uno studio pubblicato nel 2013 ha esaminato ventisette soggetti sani di età pari o superiore a 60 anni a cui è stata somministrata un'integrazione di estratto di avena verde selvatica per sei mesi. Rispetto al placebo, l’integrazione di estratto di avena verde ha dimostrato di rilassare le cellule muscolari lisce all’interno delle pareti dei vasi delle arterie sistemiche e cerebrali, confermando i risultati di uno studio simile del 2006 che utilizzava polifenoli di avena invece dell’estratto di avena selvatica.
Mantenere una pressione sanguigna sana è un altro aspetto della buona salute del cuore. Uno studio del 2010 ha cercato di valutare gli effetti del consumo di cibi integrali sui marcatori di rischio di malattie cardiovascolari in individui ad alto rischio. I ricercatori hanno selezionato individui di mezza età, creando un gruppo di controllo e due gruppi di prova. Un gruppo di prova è stato alimentato con una dieta modificata contenente solo chicchi di grano, mentre l'altro gruppo di prova è stato alimentato con la dieta modificata più grano e chicchi di avena, diete che hanno seguito per dodici settimane. Secondo lo studio, "L'esito primario era una riduzione dei fattori di rischio di malattie cardiovascolari che includevano [ridotte] concentrazioni di lipidi e marcatori infiammatori, sensibilità all'insulina e pressione sanguigna". Sia la pressione sistolica che quella cardiaca erano significativamente ridotte nei gruppi che assumevano cereali integrali, il risultato di maggior impatto per la salute del cuore osservato in questo studio. Questi risultati e altri simili suggeriscono che i cereali integrali, in particolare quelli derivati dall’avena, possono svolgere un ruolo nel mantenimento della buona salute del cuore.

STABILIZZA LO ZUCCHERO NEL SANGUE

È convinzione comune che le persone con sensibilità allo zucchero nel sangue non dovrebbero consumare cereali, pane e prodotti a base di cereali. Questa è generalmente una buona regola da seguire, poiché la maggior parte del pane e dei cereali preparati in commercio contengono zuccheri semplici e cereali denaturati (non integrali) che hanno l'effetto di causare picchi di insulina e un crollo della glicemia subito dopo un pasto. Ciò è particolarmente vero per le persone con diabete di tipo 2, che richiedono prodotti a base di cereali a basso indice glicemico per controllare lo zucchero nel sangue e ridurre le probabilità di progressione verso la dipendenza dall’insulina. Uno studio del 2005 ha confrontato la risposta glicemica post-pasto di due prodotti a base di farina di crusca d'avena in pazienti con diabete di tipo 2. I ricercatori hanno scoperto che entrambi i prodotti a base di farina di avena diminuivano l'escursione del glucosio rispetto al basale e che l'alto contenuto di beta-glucano dell'avena era un ingrediente attivo nel ridurre la risposta glicemica post-pasto nei soggetti.
Uno studio precedente sul potere della crusca d’avena aveva cercato di determinare gli effetti a lungo termine dei prodotti a base di pane di crusca d’avena nella dieta di soggetti con diabete non insulino-dipendente. Il pane e altri carboidrati a base di cereali possono essere alimenti scatenanti per le persone con sensibilità allo zucchero nel sangue, tuttavia, i ricercatori hanno concluso che il consumo di prodotti a base di pane derivato dalla crusca d'avena ha effettivamente migliorato le risposte glicemiche, insulinemiche e lipidemiche nei soggetti del test. Tali risultati positivi degli studi tendono a ispirare ulteriori ricerche, poiché la ricerca degli scienziati del Santo Graal della salute continua costantemente. Nel 2015, i ricercatori hanno condotto uno studio su larga scala dell’effetto metabolico dell’avena sui pazienti affetti da diabete di tipo 2, nel tentativo di comprendere meglio i meccanismi all’opera in questo cereale eccezionale. La revisione ha incluso i risultati di quattordici studi controllati e due studi osservazionali non controllati pubblicati nel database PubMed fino al 23 agosto 2015. Rispetto ai gruppi di controllo, il consumo di avena ha ridotto significativamente le concentrazioni di glucosio plasmatico medio, glicemia a digiuno, colesterolo totale e livelli bassi di colesterolo lipoproteico ad alta densità. La farina d’avena ha anche ridotto significativamente le risposte acute di glucosio e insulina post-pasto rispetto al pasto di controllo. Lo studio ha confermato l’effetto benefico dell’assunzione di avena sul controllo del glucosio e sui profili lipidici nei pazienti con diabete di tipo 2, aprendo la strada a potenziali usi dell’avena nel trattamento del diabete di tipo 1, insulino-dipendente.

GUARISCE L’INTESTINO

Secondo celiac.org, la celiachia è una grave malattia autoimmune ereditaria in cui l'ingestione di glutine porta a danni nell'intestino tenue. Si stima che circa 1 persona su 100 ne sia affetta in tutto il mondo, compresi migliaia di italiani che attualmente non sono diagnosticati e sono a rischio di complicazioni di salute a lungo termine. L'avena è uno dei pochi cereali senza glutine, purché non contaminata (l'avena viene spesso lavorata in impianti che lavorano anche grano, orzo e altri cereali contenenti glutine). Oltre al fatto che è priva di glutine, è stato osservato che l’avena ha effetti curativi nei soggetti affetti da celiachia. Nel 2010, un gruppo di ricercatori, ispirandosi a studi precedenti che dimostravano che il consumo di avena migliora l'assunzione di vitamine e minerali nei pazienti celiaci, ha condotto uno studio il cui scopo era quello di chiarire l'effetto del consumo di grandi quantità di avena sull'assunzione di nutrienti nei pazienti celiaci in remissione. L'obiettivo per i soggetti era consumare 100 grammi di avena al giorno. I risultati hanno mostrato che l’assunzione di vitamina B1, magnesio e zinco è aumentata significativamente durante il periodo di modificazione della dieta.
Oltre ad aumentare l’assorbimento dei nutrienti, i pazienti celiaci che includono l’avena nella loro dieta possono ricevere ulteriori benefici. È noto che una dieta priva di glutine e senza altri cereali è l'unico trattamento efficace contro la celiachia. Tuttavia, secondo i ricercatori, “la necessità di escludere l’avena dalla dieta è rimasta controversa”. Uno studio condotto su bambini affetti da celiachia ha rilevato che l'avena non innesca autoanticorpi sistemici, né autoanticorpi della mucosa nell'intestino. Un altro studio condotto su bambini con malattia celiaca di nuova diagnosi ha rilevato che, nonostante fosse precedentemente vietata ai pazienti celiaci, l’avena appare sicura e non tossica, indipendentemente dall’età o dal tempo trascorso dalla diagnosi.
La controversia sull’avena e sulla celiachia ha a che fare con le proteine chiamate avenine, simili alla gliadina del grano, che possono scatenare la malattia celiaca in una piccola percentuale di persone, così come il già citato problema di contaminazione. Uno studio del 2005 ha cercato di determinare se diverse varietà di avena possono esercitare tossicità diverse nei pazienti celiaci. In questo studio sono stati testati tre tipi di avena: una varietà di avena italiana chiamata Astra e due varietà australiane, Mortlook e Lampton. Le avenine di Astra e Mortlook hanno mostrato livelli di attività intestinale molto più elevati rispetto alla varietà di avena Lampton, provocando l'agglutinazione delle proteine e la distruzione dei lisosomi. Nonostante sia ampiamente tollerato tra gli individui affetti da malattia celiaca, questo studio indica che si dovrebbe comunque esercitare cautela a livello individuale. Secondo i ricercatori, “è importante rendersi conto che piccole quantità costanti di proteine attive nella dieta, come alcune avenine, possono impedire il completo recupero della mucosa intestinale in questa malattia”. È quindi importante che i soggetti affetti da celiachia valutino il proprio livello di reattività all’avena nella dieta.
Parte dei benefici per la salute intestinale dell’avena risiedono nella sua capacità di ridurre la permeabilità intestinale, un fattore di altri disturbi intestinali come la sindrome dell’intestino permeabile e alcune allergie. Uno studio del 2016 ha studiato l’influenza della fibra alimentare beta-glucano dell’avena sulla composizione dei nutrienti e sulla permeabilità del muco intestinale. I maiali sono stati alimentati con una dieta standard o con una dieta contenente beta-glucano di avena per 3 giorni, dopodiché sono stati raccolti campioni di tessuto e muco intestinale. I campioni hanno indicato che il 90% del beta-glucano dell'avena è stato rilasciato nell'intestino tenue, dimostrando una riduzione della permeabilità attraverso un ridotto trasferimento di bile e lipidi attraverso lo strato di muco intestinale e un riassorbimento della bile da parte delle fibre solubili. I ricercatori hanno concluso definitivamente che “L’aumento della fibra alimentare di avena diminuisce la permeabilità del muco intestinale”. Questa ricerca è confermata da studi che dimostrano che l’avena può riparare la permeabilità intestinale indotta dall’alcol negli studi sugli animali. C’è anche motivo di sospettare che la tricina, un flavonoide presente nell’avena, possa sopprimere la formazione di cellule tumorali del colon associate all’infiammazione , dando origine al potenziale utilizzo della tricina per studi clinici sulla chemioprevenzione del cancro del colon-retto.

 

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11-11-2023

Uno studio pubblicato sull'Indian Journal of Experimental Biology suggerisce che lo zenzero può essere un eccellente trattamento naturale anti-Alzheimer (AD). Ricercatori indiani del Dipartimento di Neurochimica, Istituto Nazionale di Salute Mentale e Neuroscienze, riferiscono che lo zenzero può fornire "molteplici bersagli molecolari terapeutici dell'AD e può essere considerato un efficace integratore nutraceutico non tossico per l'AD". Secondo la loro definizione: "La malattia di Alzheimer (AD) è una malattia neurodegenerativa progressiva, irreversibile, associata all'età, caratterizzata da grave perdita di memoria, comportamento insolito, cambiamenti della personalità e declino delle funzioni cognitive. È la causa più comune di demenza negli anziani ed è considerata come la pandemia del 21° secolo, che impone enormi oneri sociali ed economici ai pazienti e alle loro famiglie."
I moderni interventi farmacologici si basano su derivati petrolchimici brevettati che sono di natura neurotossica, l’equivalente di dichiarare una guerra chimica sul cervello umano, con le convulsioni che sono uno degli effetti collaterali più comuni, come rilevato dalle statistiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Lo studio fa seguito a un corpus di ricerche già consolidato che dimostra le proprietà antiossidanti e antinfiammatorie dello zenzero, entrambe le cui attività hanno valore nell'affrontare le cause alla base della neurodegenerazione prematura associata al morbo di Alzheimer. Esiste anche un insieme di prove già esistenti che convalidano il ruolo dello zenzero nella protezione contro la caratteristica patologia molecolare - neurotossicità indotta da β-amiloide (un tipo di proteina cerebrale mal ripiegata) - associata ai cambiamenti cerebrali avversi che si verificano nella malattia di Alzheimer. Inoltre, uno studio del 2013 sui ratti, ha scoperto che la somministrazione di zenzero ha invertito la disfunzione comportamentale e prevenendo i sintomi comportamentali simili all'AD nel modello di ratto.
I ricercatori indiani hanno scoperto che le proprietà anti-Alzheimer dello zenzero coincidono con le tradizionali vie farmacologiche che inibiscono l'enzima acetilcolinesterasi. Gli inibitori dell'acetilcolinesterasi inibiscono l'enzima acetilcolinesterasi dalla scomposizione dell'acetilcolina, un neurotrasmettitore richiesto per la "memoria", e per molte altre funzioni cerebrali tra cui l'eccitazione, la ricompensa, la neuroplasticità e fattori esperienziali come "l'attenzione sostenuta". L'attività dello zenzero aumenta quindi sia il livello che la durata d'azione del neurotrasmettitore acetilcolina, spiegando il suo ruolo nell'attenuare la malattia di Alzheimer.
I ricercatori hanno riassunto i loro risultati e le loro implicazioni come segue: "In sintesi, l'estratto metanolico di zenzero secco ha mostrato proprietà terapeutiche agendo su vari bersagli molecolari dell'AD. Lo zenzero non ha tossicità acuta nota alle dosi abituali consumate per scopi dietetici o medicinali. In studi sperimentali, lo zenzero a dosi fino a 2 g al giorno ha dimostrato di essere ben tollerato sia dagli animali da esperimento che dagli esseri umani con segnalazioni occasionali di lievi disturbi gastrointestinali. Pertanto, lo zenzero può essere considerato un efficace integratore erboristico per la terapia dell'AD. Ulteriori studi con modelli in vivo di AD sono necessari per confermare il ruolo terapeutico dell'estratto intero di zenzero."

  

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/17480132/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23374025/

11-11-2023

Il cancro ovarico ha la sfortunata particolarità di essere il cancro ginecologico più mortale conosciuto oggi dalla pratica medica convenzionale, pur essendo anche una delle condizioni più frequentemente diagnosticate erroneamente (cioè "sovradiagnosticate"), con cinque volte più donne senza cancro ovarico che finiscono per sottoporsi ad un intervento chirurgico rispetto a quelle con cancro ovarico.
Considerando che l’attuale “standard di cura” all’interno della pratica medica convenzionale per il cancro ovarico è la chirurgia, la radioterapia e la chemioterapia – che hanno tutte effetti collaterali mortali (incluso, ironicamente, il cancro e/o una maggiore invasività del cancro).
Uno studio del 2010 pubblicato sulla rivista Gynecological Oncology ha scoperto che le galline alimentate con una dieta arricchita con il 10% di semi di lino per 1 anno avevano "una riduzione significativa dei tumori ovarici in stadio avanzato", nonché "una salute generale migliore e una riduzione della mortalità". Gli autori dello studio hanno concluso: "Questi risultati possono fornire la base per uno studio clinico che valuti l'efficacia dei semi di lino come chemiosoppressore del cancro ovarico nelle donne".
Più recentemente, uno studio pubblicato su BMC Genomics ha approfondito i possibili meccanismi molecolari coinvolti nelle proprietà antitumorali dei semi di lino nei tumori ovarici. I ricercatori hanno utilizzato un approccio "bioinformatico" analizzando il modello di espressione genetica nei tumori ovarici, identificando quali geni vengono sovraregolati quando si formano i tumori e quali vengono soppressi quando le galline vengono alimentate con una dieta al 10% di semi di lino. È interessante notare che hanno scoperto che "un gruppo di geni altamente sovraregolati che sono coinvolti nel processo embrionale della morfogenesi ramificata [nota: embriogenesi e carcinogenesi condividono somiglianze]", erano ridotti del 40-60% nelle galline alimentate con semi di lino. Inoltre questi cambiamenti “associati al cancro” nell’espressione genetica corrispondevano ad aumenti di due biomolecole specifiche associate al cancro – E-caderina e miR200 – entrambe diminuite del 60-75% nei tumori delle galline alimentate con lino. Gli autori dello studio hanno concluso: "suggeriamo che l'intervento nutrizionale con semi di lino miri ai percorsi che regolano la morfogenesi ramificata e quindi altera la progressione del cancro ovarico".

 

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/20153884/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25150550/

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