SOIA: IL FALSO CIBO.

21-07-2019

Qualche anno fa, in Svezia, una ragazzina ebbe un attacco di asma dopo aver mangiato un hamburger in un noto fast-food, e ne morì. Le analisi rivelarono che la causa della morte era la piccola percentuale di soia (2,2%) contenuta nella carne macinata, che aveva scatenato la fatale reazione anafilattica. Le successive indagini ordinate dal Ministero della Sanità appurarono che cinque giovanissimi svedesi erano morti per shock da soia tra il 1993 e il 1996 e tutti ne avevano mangiata senza disturbi fino al giorno dell’attacco. Da allora in Svezia si cerca di limitare l’apporto di soia in tutti i bambini asmatici e che presentano altre allergie, specialmente alle noccioline americane. Il fatto ha indotto a riesaminare le meravigliose qualità che la pubblicità attribuisce alla soia: come proteina vegetale digeribilissima, che contrasta il colesterolo cattivo e che previene il cancro; sostituto ideale per chi soffre di intolleranza al latte; il cibo preferito dai vegetariani; fagiolo della longevità, di cui gli asiatici si alimentano da millenni e a cui devono la loro buona salute. Tutte menzogne, e menzogne pericolose. Anzitutto, se è vero che i cinesi hanno usato la soia da millenni, è anche vero che l’hanno usata non come cibo ma come fertilizzante naturale del suolo (piantare soia arricchisce la terra di azotati), fino a quando, verso il 264 avanti Cristo, non fu sviluppato in Cina il processo di fermentazione che trasforma la purea di soia in una salsa, nota oggi col nome giapponese di miso: un condimento, non un alimento. In seguito, un alchimista cinese scoprì che la pasta di soia, se trattata con cloruro di magnesio (un sale di cui sono ricche certe alghe), coagulava: e nacque il tofu, il formaggio di soia. Ma gli asiatici hanno mangiato il tofu solo in piccole quantità e saltuariamente, salvo che in periodi di carestia. In realtà, il consumo quotidiano di soia e dei suoi derivati in Cina, Giappone, Corea ed Indonesia varia tra i 9 e i 36 grammi al giorno: quantità da confrontare con i 240 grammi di una tazza di bevanda di soia e la porzione di tofu (252 grammi) che consuma giornalmente un vegetariano europeo o americano convinto di difendersi così dal colesterolo cattivo e dal tumore. Ma la cosa peggiore è che la soia la mangiamo tutti anche se non vogliamo. Come ho detto prima, essa viene aggiunta come legante negli hamburger. Si trova spesso nella carne in scatola e persino nel tonno, in molti biscotti, nelle barrette energetiche e dolciarie amate dai bambini; senza dire dei sostituti del latte in polvere per lattanti, molto usati dalle mamme sicure così di far del bene al loro piccino. 
La soia onnipresente sulle nostre tavole. La lecitina di soia viene addirittura raccomandata da certi medici come alimento anticolesterolo. La stessa proteina viene utilizzata per ricavarne un cibo che ha, grazie ad additivi artificiali, il sapore e l’apparenza della carne di manzo o di pollo, e raccomandata per chi deve evitare le proteine animali. Ma la sua produzione avviene con procedimenti industriali piuttosto allarmanti. In pratica, la farina di soia, depurata dal suo grasso, viene spremuta in macchine da estrusione (lo stesso procedimento usato per fabbricare le posate di plastica). La proteina viene isolata dalle altre sostanze mescolando la pasta di soia grezza con una soluzione caustica alcalina, e poi lavata con una soluzione acida per far precipitare la lecitina. Immerso il prodotto di nuovo in una soluzione alcalina, esso viene asciugato a temperatura altissima, e infine testurizzato in filamenti, con le stesse procedure usate nell’industria tessile. Questa manipolazione libera il prodotto dalle componenti che provocano flatulenza (si tratta pur sempre di un fagiolo), ma anche dalle vitamine e dai sali minerali. E la qualità della proteina così torturata va a farsi benedire. Per di più, gli scienziati sanno (ma non il pubblico) che la soia contiene tossine e sostanze chiamate antinutrienti: per esempio un inibitore della proteasi, l’enzima che consente di digerire le proteine; i fitati, che bloccano l’assimilazione dei minerali, causano deficienze di calcio e zinco; lectine e saponine che provocano disturbi gastrointestinali. La cosa è così nota che negli allevamenti, al bestiame alimentato con panelle di soia, la dieta viene arricchita con l’aggiunta di minerali, vitamine e metionina, uno speciale amminoacido: altrimenti gli animali perdono peso.
Come hanno dimostrato in Svezia, la soia è un potente allergenico, che quando non provoca la morte causa spesso diarrea, disturbi simili al raffreddore e difficoltà di deglutizione. Ma la cosa peggiore è che 70 anni di studi su animali e uomini hanno appurato che la dieta a base di soia provoca gravi disturbi alla tiroide. Qui, il componente colpevole è il fitoestrogeno o isoflavone, un ormone vegetale contenuto ad alte dosi nella soia, che è un inibitore dell’attività tiroidea e può causare cancro alla tiroide. Il fitoestrogeno pone a rischio lo sviluppo sessuale dei lattanti nutriti con polveri a base di soia come surrogati del latte. L’infertilità delle vacche nutrite con troppa soia è un fenomeno ben noto agli allevatori. Nei bambini, l’estrogeno vegetale può contrastare la crescita dei testicoli e la quantità di sperma nell’adulto; nelle bambine, una maturazione sessuale precoce con problemi nella vita adulta, dall’amenorrea alla mancanza di ovulazione. Ma allora chi ha diffuso tutte le favole e i miti sulla soia come fagiolo del benessere e della longevità? Il responsabile è uno dei più potenti e segreti poteri forti del mondo: le multinazionali cerealicole note come il Cartello del grano. Si tratta di aziende colossali: Cargill, Continental, Bunge, Louis Dreyfuss, Archer Daniel Midland, dai nomi ignoti al grande pubblico. Infatti non sono quotate in Borsa, appartenendo per lo più a singole potenti famiglie. Il loro business consiste principalmente nell’acquisto in blocco di interi raccolti di grano e cereali (ma anche cocco, cacao, olio di palma, arachidi) nei Paesi produttori, Argentina, Brasile, Ucraina, Africa, Australia ed Asia, e nella loro distribuzione mondiale. Il commercio delle granaglie è altamente strategico: negli anni del comunismo, il Cartello del Grano ha spesso salvato il regime sovietico dalle sue ricorrenti carestie, facendogli arrivare discretamente immensi carichi di frumento e di mais. Gestito dalla borsa-merci di Chicago, il business è praticamente controllato dalle cinque o sei multinazionali sopracitate, dette anche Sorelle del Grano. Una di esse in particolare, la Archer Daniel Midland (ADM), ha promosso da decenni la produzione mondiale della soia, ed ha lanciato un enorme campagna per raccomandarla come proteina della salute. È la ADM (che conta più di 27 mila dipendenti in tutto il mondo) che produce, commercia e pubblicizza il latte di soia che trovate nel supermercato (che è lo scarto della coagulazione del tofu), che promuove l’olio e la margarina di soia come acido grasso anticolesterolo, e il surrogato della carne fatto con la soia. E naturalmente, è sempre la ADM che promuove i congressi medici internazionali che magnificano le qualità salutari della soia, e commissiona gli studi scientifici che comprovano le miracolose doti del prodotto e dei sottoprodotti, e che le autorità sanitarie prendono per buoni. Il surplus di produzione della soia è tale, che occorre sempre qualche nuova idea per aumentarne il consumo. L'ultima novità è l'uso della soia per la produzione di diesel e benzina sintetica, per cui questi poteri forti sono riusciti a strappare dagli USA forti sussidi ed esenzioni fiscali. Il business in trionfale espansione.

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