MEDICINA: UN PARADIGMA ERRATO.

09-07-2019

La medicina moderna non funziona perché il paradigma stesso su cui si basa è errato, ossia che i germi o i geni da soli siano responsabili delle malattie e che i nostri corpi siano simili a macchine complicate. La medicina è basata ampiamente sulla “teoria del germe”, che sostiene che la maggior parte delle malattie dipende interamente dall’invasione di batteri e virus. Secondo questa teoria, la malattia è un’entità casuale e furtiva che può colpire chiunque in qualsiasi momento, indipendentemente dalla sua condizione nutritiva, fisica, emozionale e ambientale. Questo significa che un bambino malnutrito di un ghetto ha le stesse probabilità di morire, ad esempio di morbillo, di un bambino ben nutrito di una classe media. Questa eredità di Louis Pasteur persiste anche se gli scienziati sono ben consci che molti chili di batteri esistono in un corpo sano e fanno o un servizio positivo o sono il risultato, piuttosto che la causa, delle malattie. Ci sono inoltre sempre più prove che la suscettibilità del corpo alla malattia, le sue emozioni, il suo stato fisico e la risposta al suo ambiente, determinano se un paziente soccomberà o no alle malattie. Dare la colpa agli agenti esterni per ogni malattia moderna incoraggia un approccio cieco, che tende a giustificare le soluzioni più basilari. Quando i ricercatori scoprirono che i bambini che frequentavano la scuola materna avevano più probabilità di sviluppare il male alle orecchie e malattie respiratorie rispetto a quelli che venivano allattati e stavano a casa con le loro madri, s’inventarono un medicinale con otto specie di estratti batterici per prevenire queste infezioni respiratorie ricorrenti. I ricercatori si sono concentrati sul fatto che i batteri lavoravano in isolamento. Non hanno considerato fattori possibili quali la mancanza di allattamento o della prossimità con la loro mamma o gli effetti dell’inserimento troppo precoce all’interno di un’istituzione. Non è sorprendente che la vaccinazione dei bambini contro l’istituzionalizzazione non abbia funzionato. Bisogna tenere a mente che quella che consideriamo una lunga e distinta tradizione nella medicina ha solo 80 anni. Il fiorire delle terapie a base di farmaci, così come le conosciamo oggi, si è verificata fondamentalmente in seguito alle grandi scoperte degli anni ’40. Anche se dà l’impressione di essere una scienza medica dell’età spaziale, è l’unica tra le altre discipline scientifiche ad essere indietro di circa 400 anni. Nella fisica per esempio, la visione cartesiana che tutto funzioni in modo prevedibile, affidabile e di conseguenza misurabile, concetto che è ancora alla base della medicina moderna, è stata accantonata da tempo in favore della relatività e, più recentemente, a favore della teoria dei quanti, che sostiene che l’universo e il modo in cui funziona non sono così meccanici come pensavamo. Tuttavia la scienza medica aderisce ancora alla nozione di un universo statico che funziona come un orologio, con gli esseri umani osservati essenzialmente come fossero delle macchine e come se la loro mente operasse come entità separata dal corpo.
La terapia genetica è ora parte della nuova frontiera della medicina. Gli scienziati di tutto il mondo che hanno lavorato sul Progetto del Genoma Umano, avevano calcolato che entro l’anno 2005 sarebbero stati in grado di scoprire il codice composto da tre miliardi di lettere che costituisce la nostra formazione genetica, credendo in questo modo di poter sconfiggere più facilmente molte malattie, ma purtroppo ciò, non è avvenuto. Tutt’oggi la tendenza della medicina è di attribuire la colpa della maggioranza delle malattie ai nostri geni, e l’idea è che un giorno i dottori saranno in grado di tagliare il DNA “cattivo” ed appiccicargliene un pò di quello buono con istruzioni genetiche migliori. I ricercatori stanno studiando da diversi anni, interventi che altererebbero il DNA del nostro corpo per diagnosticare, prevenire o trattare disordini genetici. Questo procedimento viene testato al momento per il morbo di Parkinson utilizzando una soluzione improbabile: il virus dell’herpes. Dato che l’herpes vive nel corpo delle sue vittime per sempre, spesso ibernato silenziosamente nelle cellule nervose, alcuni scienziati del King’s College hanno pensato che se potessero aggiustare il codice genetico del virus e fare in modo che produca la dopamina, forse potrebbe portare questo messaggio genetico alle cellule cerebrali del suo ospite. Tutto quello che devono fare è tagliare qualche pezzetto del DNA cattivo del virus, che ha a che fare con effetti dannosi tipo la riproduzione e l’infezione, inserire qualche nuovo pezzetto che porti le istruzioni genetiche per produrre la dopamina e a quel punto è fatta: il mostro di Frankenstein è in grado di trasformarsi nel principe di Biancaneve. Nella realtà gli scienziati sono dovuti tornare ai loro laboratori dopo aver scoperto che il virus creato era potenzialmente fatale. L’intenzione della medicina di riuscire ingegneristicamente a cacciare via tutte le malattie fuori dal nostro corpo, si è rivelata elusiva.
La debolezza maggiore della teoria medica moderna è che dà per scontato che tutti ci ammaliamo nello stesso modo, che tutte le malattie derivino dalla stessa causa, che le malattie si comportano nello stesso modo e che c’è un unico metodo per curarle tutte. Questa teoria che tutte le malattie (e perciò tutti i pazienti) siano uguali richiede allora che anche tutte le malattie abbiano un nome. Per nascondere la loro ignoranza (e conseguente paura), i dottori hanno bisogno di trasformare quello che non capiscono in una “sindrome”, che fa sembrare che sia qualcosa che sono in grado di controllare. Recentemente, un fenomeno ovviamente dovuto a problemi intestinali è divenuto “la sindrome dei pantaloni stretti”, i bambini che non vengono nutriti accuratamente dai loro genitori soffrono della “sindrome da bevande liofilizzate”, e anche i pruriti la cui causa non è stata ancora identificata si chiamano “sindrome prude-gratta”. Per qualsiasi cosa che non si collochi in uno schema riconoscibile si dice invece “è tutto nella mente del paziente”.

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