POST-INFARTO: GLI OMEGA-3 MIGLIORANO LA FUNZIONE CARDIACA.

06-01-2019

Uno studio appena apparso su Circulation dimostra che un trattamento ad alte dosi di omega-3 aiuta la funzione cardiaca dopo un infarto. Stando alle conclusioni dello studio della Harvard Medical School di Boston, l'assunzione quotidiana di omega-3 ha effetti positivi sul cuore, ridimensionando in particolare il fenomeno del rimodellamento del ventricolo sinistro, eventualità che può portare a insufficienza cardiaca. Inoltre, vengono ridotte la fibrosi del miocardio non infartuato e la concentrazione sierica dei biomarcatori di infiammazione sistemica. Raymond Y. Kwong, direttore della Sezione di Imaging cardiaco in risonanza magnetica e principale autore dello studio, spiega: «Il ruolo degli omega-3 nel modificare le strutture cardiache e le caratteristiche tissutali mentre la stessa popolazione riceveva la terapia basata sulle linee guida era finora sconosciuto». Lo studio, randomizzato e in doppio cieco, ha coinvolto 180 soggetti trattati con placebo e altri 180 con 4 grammi di acidi grassi omega-3 (acido eicosapentaenoico e docosaesaenoico) al giorno per 6 mesi. All'inizio e alla fine dello studio è stata effettuata una risonanza magnetica cardiaca. L'endpoint primario era la modificazione dell'indice del volume telesistolico ventricolare sinistro (marcatore clinico predittivo di outcome post-Ima) mentre gli endpoint secondari includevano la fibrosi del miocardio non infartuato, la frazione d'eiezione del ventricolo sinistro e la dimensione dell'infarto. È emerso che, rispetto ai pazienti del gruppo di controllo, quelli che hanno assunto gli acidi grassi omega-3 hanno mostrato una riduzione del 5,8 per cento dell'indice del volume telesistolico del ventricolo sinistro e una riduzione del 5,6% della formazione di fibrosi nel tessuto miocardico non infartuato. «I nostri risultati dimostrano come gli acidi grassi omega-3 siano un trattamento sicuro ed efficace nel migliorare il rimodellamento cardiaco e potrebbero essere promettenti nel ridurre l'incidenza dell'insufficienza cardiaca o di decesso, i quali rappresentano tuttora i maggiori oneri di assistenza sanitaria per i pazienti che soffrono di un attacco di cuore», conclude Kwong.
Anche uno studio Real life dimostra i benefici degli acidi grassi omega-3 dopo un infarto. La ricerca, pubblicata sull'American Journal of Cardiology, si è concentrata sui Pufa n-3 con un contenuto in EPA e DHA non inferiore all’85%. L’assunzione di Pufa n-3 (Esteri Etilici di Acidi Grassi Polinsaturi, ovvero gli Omega-3) insieme alla terapia di riferimento utilizzata in dimissione ospedaliera riduce significativamente il rischio di re-infarto e di mortalità, migliorando la qualità di vita del paziente e non ultimo garantendo un sostegno al Sistema Sanitario Nazionale grazie alla riduzione dei costi legati alla re-ospedalizzazione del paziente. L’efficacia del trattamento farmacologico con Pufa n-3 è nuovamente confermata dalle evidenze su oltre 11.000 pazienti colpiti da Sindrome Coronarica Acuta. Per la prima volta è stato condotto in Italia uno studio con dati del “mondo reale” su un numero elevatissimo di pazienti. Nei pazienti post-infartuati, il trattamento con Pufa n-3 riduce del 34,7% il rischio di re-infarto ad un anno e del 24,5% il rischio di decesso ad un anno. I Pufa n-3 rappresentano un trattamento raccomandato per la riduzione del rischio di mortalità nei pazienti post-infartuati, più di 100.000 all’anno in Italia, e per la riduzione dei trigliceridi nei pazienti dislipidemici. “Lo studio dimostra che, in un’epoca in cui crediamo di fare il meglio per il paziente nella prevenzione secondaria dopo Sindrome Coronarica Acuta, abbiamo ancora ampi margini di miglioramento. Nei pazienti che hanno assunto 1 g di Pufa n-3, in associazione ai trattamenti raccomandati nel paziente post-SCA, la mortalità si è ridotta del 24,5%, un dato sovrapponibile a quello del lontano GISSI-Prevenzione del 1999. Inoltre il re-infarto non fatale è stato ridotto in maniera altamente significativa del 34,7%”, spiega il dott. Temporelli, che lavora presso la Divisione di Cardiologia Riabilitativa della Fondazione Salvatore Maugeri IRRCS Istituto Scientifico di Veruno, in provincia di Novara. Lo studio in questione, condotto nei pazienti post-infartuati, osserva solo l’esposizione al trattamento a base di Pufa n-3 con un contenuto in EPA e DHA non inferiore all’85%.

 

http://circ.ahajournals.org/content/circulationaha/134/5/378.full.pdf?ijkey=oBhYrEKh3jNL9a3&keytype=ref

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26708689

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