TERAPIA MEGAVITAMINICA DELLA SCHIZOFRENIA.

21-08-2016

I pazienti trattati per turbe mentali o emotive dal dottor Abram Hoffer, uno psichiatra di Saskatoon, in Canada, non ricevevano solo terapie tradizionali come elettroshock, tranquillanti o psicoanalisi. Il dottor Hoffer era infatti un pioniere nell’uso di dosi massicce di vitamina B3 (acido nicotinico e niacinamide) per la cura delle malattie mentali, uso su cui si impernia la sua pratica clinica. Questo dottore era convinto che la schizofrenia, pur manifestandosi sotto forma di turbe psichiatriche, sia in realtà una malattia causata da anomalie biochimiche dell’organismo. In questa prospettiva la schizofrenia è vista come una malattia non mentale, ma fisica. Sono varie le ragioni che indussero il dottor Hoffer a pensarlo. Anzitutto, i sintomi vanno e vengono a seconda delle medicine o vitamine che si somministrano: anche se i farmaci vengono mescolati nel cibo o nelle bevande del paziente, in modo da somministrarglieli a sua insaputa, i risultati si verificano lo stesso, cosa che ovviamente non avverrebbe se la malattia fosse tutta nella testa del paziente. C’è poi il fatto che gli allucinogeni come l’LSD producono effetti molto simili ai sintomi di schizofrenia: se ne deduce l’ipotesi che un’altra sostanza chimica (stavolta prodotta dall’organismo) sia causa della vera schizofrenia. Il dottor Hoffer e il suo assistente Humphrey Osmond, del Dipartimento della Sanità del Saskatchewan, hanno trattato dal punto di vista metabolico centinaia di schizofrenici con molto successo. Nel libro “How to live with Schizophrenia“, i due autori descrivono dettagliatamente la loro terapia megavitaminica, detta terapia ortomolecolare. Per la maggior parte dei pazienti, il dottor Hoffer prescriveva 3 g di vitamina B3 e 3 g di vitamina C al giorno, da aumentare se necessario. Spesso a queste due sostanze si accompagnavano 250-1.000 mg di piridossina (vitamina B6) e 100-3.000 mg di tiamina (vitamina B1) per la depressione. In alcuni casi venivano prescritti anche vitamina B12 e acido folico. A seconda delle necessità, anche tranquillanti, antidepressivi e altri trattamenti convenzionali.
La storia del lavoro scientifico che ha portato i due ricercatori a mettere a punto la terapia vitaminica costituisce un romanzo affascinante. Prima di trasferirsi in Canada nel 1951, il dottor Osmond aveva condotto a Londra sperimentazioni con la mescalina (un alcaloide con proprietà allucinogene). Questo allucinogeno, derivato da un cactus messicano, ha una struttura simile all’adrenalina. Riascoltando la registrazione degli effetti prodotti dalla mescalina su un volontario, un collaboratore di Osmond, che soffriva di una grave forma asmatica, notò che quando prendeva forti dosi di adrenalina per i suoi attacchi, provava talvolta effetti simili, cioè una sensazione di irrealtà e distorsioni visive. Ricordando che Aldous Huxley in un suo libro osservava, dopo aver preso mescalina, che lo schizofrenico è come una persona che si trovi in permanenza sotto l’effetto della mescalina, Osmond e Hoffer trovarono il primo di una lunga serie di indizi: se forti dosi di adrenalina possono produrre effetti schizofrenici in soggetti normali, forse una qualche sostanza chimica dell’organismo, simile all’adrenalina, può essere la causa della schizofrenia. Ben presto si aggiunse un nuovo indizio: un medico canadese li informò che durante la guerra si sostituiva talvolta durante l’anestesia la normale adrenalina con un’adrenalina rosacea, identificata più tardi come adrenocromo, e che i pazienti così trattati quando riprendevano coscienza avevano spesso allucinazioni e altri disturbi. Si pensa che l’organismo possa in certi casi produrre spontaneamente adrenocromo dall’adrenalina. Saputo che l’adenocromo può provocare disturbi mentali, Hoffer e Osmond ipotizzarono che la schizofrenia fosse causata da quantità eccessive di adrenocromo, prodotte da un qualche difetto metabolico: lo schizofrenico, secondo questa interpretazione, non avrebbe nel suo organismo le sostanze chimiche necessarie a impedire la formazione di adrenocromo, o sbarazzarsene abbastanza rapidamente da prevenire l’intossicazione e la comparsa di sintomi bizzarri. Per vedere se davvero quantità abnormi di adrenocromo possono determinare fenomeni di tipo schizofrenico in una persona normale, il dottor Osmond si trasformò in cavia. Dieci minuti dopo un’iniezione di adrenocromo, notò che il soffitto del laboratorio cambiava di colore; fuori, i corridoi gli apparivano ostili e sinistri e non riusciva più a collegare tempi e distanze. Dopo una seconda iniezione, riferiva: “mi sentivo indifferente verso i miei simili e dovevo farmi forza per non dire cose spiacevoli”. Partendo dalla teoria che il principale imputato nella schizofrenia fosse l’incapacità di metabolizzare l’adrenocromo, i due ricercatori cominciarono a studiare un metodo di trattamento. Arrivarono così all’acido nicotinico, che a quell’epoca era già stato usato in dosi allora considerate molto forti nel delirium tremens e anche nelle depressioni. Gli interrogativi erano questi: l’acido nicotinico neutralizza l’adrenocromo? Riduce la produzione di adrenalina? E’ in grado di alleviare i sintomi della schizofrenia? Valeva la pena di provare. I risultati ormai sono agli atti!

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